Valutazione/1. Prove Invalsi superano la prova. Nella primaria

La percentuale di partecipazione degli studenti di scuola primaria alle prove Invalsi svoltesi la scorsa settimana si è aggirata, secondo i dati resi noti dall’Istituto, attorno al 97%, un valore assai elevato, “tale da garantire la significatività della rilevazione sia per le classi campione che per quelle non campione”.

Il dato è contestato dai sindacati autonomi di base (Cobas, Unicobas, Sgb), che segnalano casi di mancata effettuazione delle prove in alcune località, in particolare in Sardegna, ma nel complesso sembra che la partecipazione sia stata superiore a quella registrata l’anno scorso, in piena bagarre anti Buona Scuola, culminata nel supersciopero del 5 maggio 2015.

È probabile che nella scuola primaria i test siano stati ormai metabolizzati e che gli insegnanti li considerino come una parte dei loro ordinari programmi di insegnamento, e non come una specie di controprova della loro capacità professionale. Risulta ormai chiaro, almeno a quel livello di scuola, che l’esito dei test, che operano sul terreno della misurazione di singole performance, non è che uno dei tanti elementi a disposizione dell’insegnante che è tenuto ad effettuare una valutazione del livello di apprendimento complessivamente raggiunto dall’alunno: ne terrà conto solo se riterrà che ciò sia utile e coerente con il suo lavoro, nessuno potrà costringerlo a farlo.

Diverso è il caso della prova di italiano e matematica inserita nell’esame di licenza, che “fa media” con gli altri voti, compresi quelli dati – appunto – dagli insegnanti di italiano e matematica. Se si accetta la distinzione tra misurazione e valutazione, sembrerebbe corretto spostare la prova fuori del contesto dell’esame finale, ferma restando la facoltà (non l’obbligo) per i docenti delle due discipline di tener conto dell’esito dei test Invalsi in sede di scrutinio di fine anno e, se lo riterranno, anche in sede di esame.