Università/1. Una sfida ai conservatori

Abilitazione nazionale per i prof associati e ordinari come condizione per partecipare ai concorsi di ateneo; contratti di tre anni più tre per i ricercatori, e poi o dentro (previa conseguimento dell’abilitazione) o fuori dell’università; nuovi statuti entro sei mesi più tre, pena il commissariamento delle università inadempienti; massimo due mandati (8 anni complessivi) per i rettori, eletti solo dai docenti; massimo 12 facoltà per le sedi più grandi; fusione o federazione tra università per evitare il sottodimensionamento o la duplicazione dei corsi; commissariamento per gli atenei incapaci di riassestare i loro bilanci.

E poi una serie di altri provvedimenti, come il rafforzamento dei Dipartimenti rispetto alle Facoltà, i Consigli di Amministrazione con forti presenze esterne, lo snellimento dei Senati accademici e così via, fino ad arrivare al “fondo speciale per il merito“, a sostegno dei migliori studenti, “individuati tramite prove nazionali standard” (si tratta di borse e buoni studio da utilizzare per il pagamento di tasse e contributi nonché per la copertura delle spese di mantenimento durante gli studi).

La bozza del disegno di legge di riforma dell’università che avrebbe dovuto essere varata venerdì scorso dal Consiglio dei ministri, poi rinviato per il mancato arrivo del Presidente Berlusconi dalla Russia, presenta come si vede non poche novità rispetto ai testi circolati nei mesi scorsi, tanto da apparire assai più innovativa rispetto a quanto deciso dal governo per la scuola secondaria superiore.