Un miliardo in due mesi per telegrammi di supplenza: il Comune dice basta

Stanco di pagare le migliaia di telegrammi che le scuole inviano ai supplenti per informarli delle proposte di supplenza, il Comune di Roma ha detto basta, dopo aver visto l’ultima bolletta telefonica bimestrale ammontante a 454.622,22 euro (IVA esclusa).
I telegrammi vengono dettati per via telefonica e gravano ovviamente sulla bolletta, ma il Comune, visto che non si tratta di comunicazioni telefoniche (i cui oneri sono a suo carico), con nota prot. n. 9976 del 20 luglio scorso, ha chiesto alle scuole il rimborso delle spese, trattandosi di oneri – quelli postali – che sono esclusivamente a carico dei bilanci scolastici.
Il Comune chiede ora la restituzione di 808.248 euro al CSA di Roma che ha invitato, a sua volta, i dirigenti scolastici a non inviare più telegrammi per via telefonica, ma soltanto recandosi agli uffici postali, pena il danno erariale e la responsabilità di pagare di tasca propria.
La procedura dell’avviso di proposta di supplenza, in vigore da oltre un decennio, e confermata l’anno scorso con decreto del 28 luglio, ha avuto un notevole impulso negli ultimi anni per la liberalizzazione delle nomine che non prevedono più l’accodamento del supplente in fondo alla graduatoria di istituto in caso di rifiuto di supplenza.
L’assenza di qualsiasi deterrente per evitare i rifiuti di supplenza e l’alto numero di persone da consultare (spesso inutilmente) per il diritto di iscriversi alle graduatorie di decine di istituti, sono moltiplicatori delle procedure, con effetti di ritardo nei conferimenti di nomina, disservizi di vario genere e, come si è visto, gravame finanziario pesantissimo.
E, almeno a Roma, da settembre quei costi – diventati ora per spese postali – passeranno direttamente sui gracili bilanci delle scuole.