
TPS e la finanziaria, tra tecnocrazia e politica
Ha tenuto duro fin che ha potuto il “gran borghese”, come la grande stampa ha definito il superministro dell’Economia Tommaso Padoa Schioppa, impegnato ad arginare l’assalto dei cosiddetti “ministri di spesa”, alla cui guida – secondo le indiscrezioni circolate la scorsa settimana – si è posto il ministro della Pubblica Istruzione Giuseppe Fioroni, il più colpito dalle ventilate misure di contenimento della spesa. Alla fine (ma il bilancio definitivo si farà, come sempre, dopo i passaggi parlamentari che attendono la legge) TPS ha dovuto rinunciare ad alcuni dei “tagli” che avevano scatenato l’unanime protesta dei sindacati e dello stesso ministro della P.I., soprattutto quelli riguardanti gli insegnanti di sostegno e – a quanto pare – quelli derivanti dalla riduzione degli organici conseguente all’innalzamento progressivo del rapporto docenti-allievi. Ci sarà spazio, invece, per la stabilizzazione dei precari (150.000 in tre anni). TPS sconfitto su tutta la linea, dunque? Forse no, perché una serie di altre misure di razionalizzazione e alleggerimento della spesa sono pur previste, e non è detto che altre non ne possano derivare in prospettiva, per esempio, da una revisione al ribasso degli orari di funzionamento delle scuole italiane, tra i più alti in Europa, soprattutto negli istituti tecnici e professionali. E forse dietro la decisione di assegnare direttamente alle scuole i fondi per il loro funzionamento, saltando i livelli regionale e provinciale, sta il proposito di arrivare ad una sorta di consolidamento delle risorse, ad un “budget” entro il quale la scuola dovrà comunque mantenersi. Certo è che il geometrico tecnocrate TPS ha dovuto misurarsi con le priorità e le asimmetrie della politica. E la partita è ancora aperta…
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