Test alla prova/2. E’ misurabile il ‘valore aggiunto’?

Nel Manuale per il somministratore SNV 2011‐12, pubblicato nel sito dell’Invalsi, compare una sintetica ma chiara definizione del ruolo che la valutazione di sistema è chiamata a svolgere: “la valutazione del sistema scolastico è da intendersi come un’infrastruttura stabile e consolidata che consenta di migliorare progressivamente i livelli di apprendimento nella Scuola e, di conseguenza, le opportunità di sviluppo e di crescita dell’intero Paese”.

Il Manuale è stato pubblicato in data 18 aprile 2012, dopo l’approvazione definitiva del decreto Semplificazioni che ha probabilmente suggerito la citata definizione della valutazione di sistema come “infrastruttura stabile e consolidata”, espressione che richiama da vicino il carattere di “attività ordinaria di istituto” attribuito dal decreto alle “rilevazioni nazionali degli apprendimenti” e quindi ai test standardizzati.

Da sottolineare, tuttavia, che lo stesso Invalsi afferma con chiarezza che i test “non si pongono in antitesi con la valutazione formativa e sommativa quotidianamente realizzata all’interno delle scuole, ma vogliono solo rappresentare un utile punto di riferimento esterno per integrare gli elementi di valutazione attualmente esistenti”.

All’obiezione che la fotografia scattata dall’Invalsi attraverso la registrazione degli esiti delle prove non tiene conto delle condizioni di contesto e delle dinamiche che stanno dietro le prestazioni degli studenti l’Istituto risponde che le informazioni che saranno raccolte attraverso gli appositi Questionari studenti (su nazionalità, provenienza, titoli di studio dei genitori, numerosità della famiglia, disponibilità di libri e di una stanza per studiare ecc.) consentiranno in prospettiva di effettuare valutazioni non solo in termini assoluti ma anche di valore aggiunto.

Su quest’ultimo aspetto, cioè sulla misurabilità del valore aggiunto nei processi educativi, dissente il pedagogista ed ex presidente dell’Invalsi Benedetto Vertecchi: “Aggiunto a che cosa?”, chiede in un articolo pubblicato nel numero di aprile 2012 di Tuttoscuola. A suo giudizio il calcolo del valore aggiunto si può fare “se si producono beni fisici”, ma “lascia quanto meno perplessi se si considera un’attività, come l’educazione, che si presenta come un continuum, e che solo per artificio può essere soggetta a delimitazioni discrete”. Per fare indagini di questo tipo non bastano i pur utili “dati descrittivi” raccolti dall’Invalsi: serve una più organica e mirata ricerca valutativa sul sistema educativo che porti a conoscerne in profondità la complessità e le dinamiche.