Sull’università convergenze e resistenze parallele

Andiamo avanti, lavoriamo, facciamo le riforme, al di là degli schieramenti. Penso che la riforma dell’università possa essere fatta anche con la parte più riformista dell’opposizione”, ha detto Mariastella Gelmini, parlando a Capri al convegno dei giovani di Confindustria.

I punti di convergenza, nell’analisi del ministro, si possono ricondurre ai tre seguenti: abbandonare la logica della distribuzione delle risorse a pioggia, sostenere la cultura che premia il merito e i buoni progetti, mettere da parte “l’approccio clientelare”.

Cose come queste si potrebbero fare, sostiene Gelmini, anche senza spesa in quanto “al netto della politica del rigore, la politica dello sviluppo passa per le riforme e non per le risorse che, purtroppo, a breve termine non ci saranno”.

Chiusura totale sulle risorse, dunque? No, perché subito dopo questa considerazione generale Gelmini, davanti alla platea di Confindustria che mostrava segni di delusione, ha detto di condividere “la necessità di assegnare priorità assoluta all’università”, e di essere “certa che nelle ‘mille proroghe’ (decreto di fine anno, ndr) ci saranno le risorse”, anche se non ci dobbiamo illudere che questo sarà sufficiente.

L’appello del ministro a convergenze bipartisan sugli aspetti più innovativi della riforma universitaria rischia tuttavia di cadere nel vuoto per ragioni non di merito ma di carattere politico generale. E anche, probabilmente, per la tacita alleanza, anch’essa trasversale, tra chi si oppone al cambiamento, magari per ragioni opposte.