Sperimentare bene fa bene

Sono stati in molti in questi giorni a demonizzare la sperimentazione, perché riguarderebbe “materie non previste dalla legge”. Ma da più di un quarto di secolo nella scuola italiana si può sperimentare anche ciò che non è ancora previsto dalla legge.
Fu uno dei decreti delegati del 1974 a prevederlo, consentendo alle scuole di attuare liberamente la sperimentazione strutturale, cioè la modifica e l’innovazione di parte degli ordinamenti scolastici vigenti. La sperimentazione doveva rispondere a requisiti di scientificità ed essere preventivamente autorizzata.
Vi sono stati molti casi di progetti sperimentali predisposti dal ministero e fatti propri liberamente dalle scuole. Fu il caso, ad esempio, degli ordinamenti della scuola elementare (i moduli con il team degli insegnanti) che nel triennio che precedette l’approvazione della legge (n. 148/1990) vennero sperimentati liberamente da molte scuole, sulla base di un progetto di sperimentazione nazionale.
Nella nuova scuola dell’autonomia questa possibilità di sperimentazione viene confermata.
Niente di nuovo sotto il sole, dunque, per il progetto di sperimentazione della scuola dell’infanzia e della scuola primaria proposto dal ministro Moratti. Del resto, se si sperimentasse quello che c’è già, che sperimentazione sarebbe?
La questione è un’altra: la sua fattibilità, prima di tutto, e la condivisione. Per essere una sperimentazione efficace e credibile avrebbe dovuto essere lanciata già prima dell’estate, altrimenti, oltre a rischiare scarsa diffusione, potrebbe non conseguire l’obiettivo di preparare effettivamente la strada alla riforma.