Serve la laurea in Scienze della comunicazione?

A distanza di quasi un mese dalle dichiarazioni rese a Ballarò da Mariastella Gelmini (11 gennaio) sulla laurea in Scienze della Comunicazione, considerata rispetto ad altre (“Servono profili tecnici competenti che incontrino l’interesse del mercato del lavoro e che servono all’impresa”), la polemica non si placa.

Dopo le lettere ai giornali e le proteste via internet degli studenti e i neolaureati in questo corso di studi scende ora in campo su Ustation, network nazionale dei media universitari, il professor Mario Morcellini, presidente della conferenza nazionale dei presidi di Scienze della comunicazione, oltre che preside della facoltà di Scienze della comunicazione della Sapienza di Roma. “I Ministri di questa repubblica – dichiara a Ustation – dovrebbero usare i media quando hanno studiato qualcosa, quando conoscono i dati. Lei, nel caso specifico, è un esempio di drammatica incoerenza tra il ruolo e le parole. Un ministro dell’istruzione deve difendere l’istruzione pubblica, se lei l’attacca significa che si sente in colpa per i cattivi risultati della sua governance”.

In realtà Gelmini non aveva fatto altro che ripetere – con una certa crudezza, nell’ambito di un vivace dibattito televisivo – una convinzione abbastanza diffusa, e confermata dalle indagini sugli sbocchi occupazionali, sull’eccessivo numero di studenti che scelgono l’area umanistico-sociale (da Legge a Lettere a Scienze della comunicazione) rispetto a quelli che optano per le facoltà tecnico-scientifiche, che offrono maggiori chance di lavoro.

Forse ha ragione lo studente che, intervenendo in uno dei tanti dibattiti online, ha scritto, dopo aver sollecitato studi più qualificanti:E permettetemi un ultimo sfogo: SDC sarà pure una laurea fasulla, ma è un titolo che mi permetterà di diventare un comunicatore. L’importante, per me, è che nessuno possa darmi del comunicatore fasullo”.