
Secondo ciclo/6: quale futuro per la riforma
Ma è proprio questo l’orientamento che va prevalendo nel centrosinistra? Non è detto. Lo si può intuire dal titolo dell’”Unità” del 16 settembre: ‘Scuola, la riforma Moratti non c’è più’ e, nel merito, dall’intervista del presidente della Regione Toscana Claudio Martini al “Manifesto” dello stesso giorno, dove egli risponde così alla domanda sul che cosa gli piaccia di questa riforma: “Nulla. E’ una delle riforme più distanti dalla nostra idea di scuola, che deve garantire pari dignità a tutti i livelli di istruzione. Quello che ci preoccupa di più è la divaricazione precoce al limite dell’irreversibilità tra la scelta del liceo e della formazione professionale“. Traduzione: o abrogazione del decreto che la Moratti, dopo il parere delle Regioni, porterà all’esame delle Commissioni di merito di Camera e Senato, o suo cambiamento nel senso di recuperare la tradizionale posizione della sinistra: obbligo scolastico fino a 18 anni e assolto interamente nella scuola.
In previsione di un possibile cambio di maggioranza, i partiti che compongono l’attuale opposizione debbono comunque interrogarsi su cosa fare rispetto alla prospettiva di uno scenario che potrebbe comportare di dover scegliere tra licei e, come dice la legge n. 53/03, percorsi di istruzione e formazione professionale “di pari dignità”; oppure tra licei bulimici, come quelli disegnati adesso dal Governo (non distanti da quelli progettati dalla riforma Berlinguer), destinati a chi ottiene successo scolastico e sociale, e tra percorsi anoressici di istruzione e formazione professionale, destinati agli ‘sconfitti’ della scuola e ai perdenti nella competizione sociale?
Non basta certo affermare che “va cancellata la riforma Moratti”, per risolvere taumaturgicamente i problemi di deficit d’istruzione e formazione che registra il paese. Ciò che serve con urgenza non è l’abrogazione della legge, ma dare dei contenuti che facciano davvero funzionare la scuola, che creino le condizioni per risolvere i problemi. E’ certo che non si può perdere tempo ora e neanche nel prossimo futuro. Perché pensare di far ricadere sulla scuola le pesanti conseguenze di eventuali nuovi avvii di una nuova riforma complessiva del sistema di istruzione, significherebbe assumersi la responsabilità di un peggioramento dei livelli di apprendimento dei giovani, di una crescente divaricazione dei successi scolastici.
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