Intervista a Laura Milani: vi racconto come nasce la ‘Scuola possibile’
Sono molti i docenti, i formatori gli specialisti che criticano il modo tradizionale di fare scuola, basato sulla lezione tradizionale, sul voto numerico, sull’assegnazione dei compiti a casa. Questa struttura rigida è oggetto di profonde critiche e riflessioni, e proprio dallo studio e dalle costruttive riflessioni su un sistema antico e ingessato nasce la “Scuola possibile” di Torino. Una scuola senza aula, senza voto, né compiti a casa, dove le materie sono sostituite da un approccio educativo più ampio e trasversale che nasce da un’idea di Laura Milani, direttore di IAAD l’università italiana del design di Torino e appassionata ricercatrice in campo educativo. Tuttoscuola l’ha intervistata per voi.
Perché progettare e realizzare una “scuola possibile”?
“Abbiamo studiato molti approcci educativi innovativi presenti a livello internazionale e abbiamo riflettuto sulle principali caratteristiche delle scuole innovative. Il tema della relazione fra creatività e bambini si è dimostrato uno dei più interessanti, e partendo da questo stimolo abbiamo riflettuto studiando diverse realtà ‘alternative’ nel mondo. Siamo partiti da circa cento casi, poi cinquanta, venti, cinque e di questi cinque abbiamo visto che uno e mezzo era presente in Italia. Abbiamo dunque deciso, dopo due anni di studio, di creare una scuola con le caratteristiche più interessanti delle scuole che avevamo studiato nel mondo. In questo modo è nato un nuovo format di scuola, che guarda al futuro senza timore e in modo costruttivo”.
Quali le caratteristiche delle scuole alternative che avete studiato?
“In primis abbiamo analizzato l’ordinario e l’extra-ordinario presente oggi nella scuola: siamo andati per sottrazione, abbiamo tolto tutto quello che era ordinario per arrivare all’extra-ordinario. All’interno dello straordinario abbiamo riflettuto su differenti metodi e mission, focalizzando l’attenzione sulle realtà che riuscivano ad unire metodologie innovative, non necessariamente nuove, penso ai grandi pedagogisti del passato, con diverse realtà al margine della scuola, come ad esempio le realtà laboratoriali, che promuovono creatività, arte e sport. In questo modo abbiamo scelto “il meglio” di ogni orientamento ed abbiamo identificato i cinque linguaggi sui quali intendiamo lavorare, che sono in fondo i cinque linguaggi dell’espressione dell’individuo.
Quali sono i linguaggi che costituiscono la base pedagogica e didattica del vostro approccio?
“Il nostro approccio si fonda sulla logica di Dewey, del Learning by doing. La finalità della scuola è quella dell’esperienza, dell’espressione, del racconto, della dimostrazione. L’esperienza è l’elemento cardine e i linguaggi sono la strada dell’esperienza. I 5 linguaggi, che hanno egual peso all’interno dell’anno scolastico e vanno a sostituire le più classiche “materie”, sono: l’alfabetizzazione, l’educazione all’immagine, l’educazione scientifica, l’educazione al suono e l’educazione al movimento. All’interno di queste aree ci sono dei macro-argomenti. Un esempio: nell’alfabetizzazione sono parlare, leggere, esprimersi verbalmente; nell’educazione scientifica coesistono matematica e scienza; nell’educazione al movimento ci sono sport e conoscenza della propria dimensione corporea e nell’educazione al suono, canto e musica”.
Come è organizzata una giornata tipo de La scuola possibile?
“Tutte le aree hanno un peso, un’incidenza nell’organizzazione didattica. Tra le otto e le nove del mattino si arriva a scuola, un tempo dedicato all’accoglienza e alle attività libere, per sentirsi accolti, con calma e serenità. Ogni giornata ha tre moduli principali di ‘lezione’ (A, B, C) e tra un modulo e un altro ci sono pause, attività libere, di gioco e di conoscenza. Anche all’interno dei moduli i bambini non sono fermi in un’aula, ma si muovono all’interno di uno spazio ampio. Per iniziare la giornata l’insegnante chiede ai bambini di raccontare loro esperienze e attraverso un’azione serena e narrativa si inizia a dialogare. Non c’è dunque un programma rigido da completare, ma un’ottica di guida flessibile e costruttiva. Col passare delle ore le attività si alleggeriscono sino ad arrivare all’ultima parte della giornata con quelle trasversali per tutte le classi“.
Come sono organizzati gli spazi?
“Non abbiamo ‘aule’, i bambini hanno a disposizione l’intero spazio scolastico. Progetteremo i nostri spazi grazie alle esperienze dei bambini. La scuola è all’interno di un grande villaggio urbano, il BasicVillage, che ha a disposizione spazi diversificati comprensivi di ambienti verdi. I bambini saranno liberi di muoversi all’interno della struttura, senza difficoltà. Saranno dunque esploratori, ricercatori e scienziati. Non saranno ‘chiusi’ in una scuola, ma a contatto con una realtà ampia. Per esempio i nostri spazi verdi sono sui tetti, dove abbiamo due prati, una serra, galline, cani e gatti”.
Compiti a casa e voti ci saranno?
“Assolutamente no. Il tempo della scuola è quello del lavoro organizzato, della riflessione e della didattica. I bambini torneranno dalle famiglie dopo le 16’30, e quindi è importante che vivano il tempo della casa come un tempo pieno, intimo e personale. Il compito è un accessorio che non è necessario in questa esperienza. Con questi strumenti i compiti non sono funzionali, anzi sarebbero una nota stonata. Gli alunni non avranno poi una valutazione alfa numerica, impareranno facendo, sperimentando, alimentando il ciclo della creatività (sperimenti cosa c’è intorno a te, lo comprendi, lo introietti, lo condividi). Il racconto dell’esperienza sarà per i ragazzi, aiutati dagli educatori e dai compagni, un processo progettuale naturale. Il voto è uno stereotipo che stigmatizza il bambino. A noi non interessa poiché non rappresenta un elemento educativo plastico. Attraverso il racconto, via via sempre più articolato, il bambino potrà dimostrare di aver capito e quando non saprà qualcosa, lo chiederà e si esprimerà serenamente, disponibile a imparare davvero“.
Quanti bambini parteciperanno alla scuola possibile?
“Le nostre classi avranno al massimo diciotto bambini. Intendiamo promuovere un apprendimento su misura delle esigenze di ogni bambino, riconoscendone e rispettandone differenze, specificità e talenti”.
Prevedete la possibilità di includere bambini con disabilità?
“Per i primi tre anni, abbiamo bisogno di ‘rodare’ la struttura, renderla stabile. Non desideriamo escludere, ma almeno all’inizio vorremmo concentrarci su una dimensione più facilmente osservabile e gestibile. Vogliamo avere il tempo per creare una routine sulla quale instaurare anche l’accoglienza degli alunni con disabilità“.
Quali saranno i costi?
“Tra i 7mila e gli 8mila euro all’anno per studente. All’interno di questa retta sono comprese la mensa, bio e vegetariana, lo sport, l’arte, la musica, l’inglese e tutte le esperienze di una scuola realmente contemporanea. La volontà è quella di creare una scuola aperta e a tale fine sono previste borse di studio per le famiglie meno abbienti”.
In un contesto così libero i bambini potranno crescere sereni, ma avranno la possibilità di affrontare le sfide della scuola superiore?
“Sicuramente sì, anzi a mio avviso questi bambini saranno una ricchezza per la scuola e per la società. Se un bambino potrà dare il proprio contributo, a partire da quella che comunemente viene definita interrogazione, ma che per lui sarà semplicemente un’occasione di riflessione su se stesso e sul proprio lavoro, sicuramente potrà contribuire allo sviluppo di una classe, della società e non avere un limite, bensì una ricchezza da condividere. In altre parole, nella nostra scuola i bambini studieranno di più, non di meno. Solo che lo faranno in un modo non convenzionale: la nostra scuola è il mondo e l’esperienza, è la strada principale per conoscerlo e renderlo migliore“.
Concludiamo la nostra intervista a Laura Milani con la curiosità di sapere come andrà a finire. Certamente la scuola di oggi, ingessata ed eccessivamente centrata sulla trasmissione di nozioni ed apprendimenti, non riesce a rispondere ai bisogni di accoglienza e promozione delle competenze di ogni singolo alunno. Intravediamo in questa proposta una grande ricchezza metodologica e siamo convinti che pur tra mille difficoltà, la scuola possibile offrirà il suo contributo al dibattito didattico e pedagogico nazionale.
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