Sciopero generale: non è solo una questione di soldi

Tutti i comparti del pubblico impiego scioperano per l’intera giornata di venerdì 21 maggio per i rinnovi contrattuali; la scuola lo fa per il rinnovo del secondo biennio economico dopo che il precedente è scaduto il 31 dicembre scorso. Per i dirigenti scolastici il contratto è addirittura scaduto dal 2001.
L’iniziativa dello sciopero è stata dei sindacati confederali Cgil, Cisl e Uil e ha visto l’adesione di numerosi sindacati di categorie del pubblico impiego. Per la scuola non vi è l’adesione dello Snals.
Tra offerta del Governo (3,6% di aumento) e richiesta sindacale (8%) per i rinnovi dei contratti scaduti c’è un abisso di circa il 5% delle retribuzioni.
Inflazione ed effetti dell’euro hanno certamente contribuito a rinforzare il divario.
Ma c’è anche altro nelle rivendicazioni che sono alla base dello sciopero della scuola, a cominciare dalla richiesta di una diversa politica per l’occupazione e il lavoro precario, e dal no ai tagli di organico (c’è forse il timore che con la prossima finanziaria si cerchino risorse per la scuola con nuovi tagli?).
C’è anche un no alla devoluzione prevista dal disegno di legge costituzionale del ministro Bossi, che dopo l’approvazione del Senato avvenuta il 25 marzo 2004 è attualmente all’esame della Camera, e non poteva mancare tra le motivazioni quella della difesa del tempo scuola.
Si può essere certi comunque che, oltre alle ragioni ufficiali dello sciopero definite dalle segreterie sindacali, sui territori la parola d’ordine per chiamare fuori dalle aule i docenti sarà, ancora una volta, un deciso no alla riforma Moratti.
Di un’altra cosa si può essere certi, viste le interessate presenze di parlamentari alla manifestazione del 15 maggio. Il mondo politico non rimarrà alla finestra a guardare, dato che la scadenza elettorale di giugno è ormai alle porte.