RSU nelle scuole, non solo seggi

Per le organizzazioni sindacali le elezioni per le RSU rappresentano qualcosa di più di una semplice competizione per la rappresentanza della categoria.
Gli esiti delle votazioni hanno un impatto sullo stesso equilibrio economico del sindacato.
Infatti i voti ottenuti vengono trasformati in quota percentuale di rappresentanza (per capirci, la Cgil-scuola, ad esempio, nel 2000 raggiunse il 26,39% di rappresentanza elettorale); questa quota viene considerata insieme alla quota associativa, cioè la percentuale di iscritti con delega rispetto a tutti i sindacalizzati (nel 2000, la Cgil-scuola aveva un tasso associativo del 20,63%).
La media delle quote (23,51% per la Cgil-scuola nel 2000) serve all’Aran per attribuire il tasso di rappresentanza di ciascun sindacato.
Chi raggiunge il 5% di questo tasso (media del tasso associativo e del tasso elettorale) è ammesso di diritto alla contrattazione nazionale. Il tasso del 5% nel comparto scuola è stato raggiunto da Cisl-scuola, Cgil-scuola, Uil-scuola, Snals e Gilda.
Ma oltre all’ammissibilità alla contrattazione di comparto, il tasso di rappresentatività serve per definire la quota di distacchi e permessi sindacali spettante a ciascuna organizzazione.
Più alto è il tasso di rappresentatività e maggiore è la quota di distacchi e ore di permesso . Attualmente nel comparto il numero di distacchi e di esoneri dal servizio è cospicuo: 1.089 posti di docenti o di personale Ata che pur prestando servizio presso il sindacato, sono retribuiti dall’Amministrazione di appartenenza.
Alcune migliaia di voti RSU in più possono quindi valere qualche distacco a favore del sindacato votato. Se si considera che mediamente un docente costa allo Stato 30-35 mila euro all’anno (60-70 milioni delle vecchie lire), è comprensibile l’interesse sindacale, anche da questo punto di vista, per un buon esito elettorale.