Ripensare la scuola per dare voce e speranza al futuro dei giovani

Il ritmo dei cambiamenti, che caratterizza il tempo presente, trasforma profondamente il nostro modo di vivere, lavorare, interagire, comunicare e organizzare la vita sociale. In passato occorreva qualche secolo prima che un’innovazione si concretizzasse, diventasse patrimonio di tutti. Oggi i tempi si sono accorciati e i secoli diventano decenni.

La trasformazione è così radicale negli assetti culturali, sociali, politici ed economici da rendere difficile immaginare quali saranno le condizioni di vita nel futuro. La trasformazione che investe, anche tutti i tipi di organizzazione, compresa quella scolastica, in assenza, in tempi brevi, d’ideali, programmi, obiettivi, genera un perenne stato di incertezza e sfiducia.

Alla luce di questi cambiamenti straordinari occorre, dunque, sforzarsi di comprenderne le ragioni e impegnarsi a far sì che questi portino a costruire qualcosa di positivamente duraturo. Le prospettive di cambiamento, se ben governate, garantiscono nuove opportunità di sviluppo e competitività del sistema paese. La sfida da tentare si gioca sulla possibilità di aprire una fase nuova anche per la scuola.

Quali, allora, le condizioni più favorevoli affinché il potenziale oggi esistente si possa realizzare in forme e modi aperti e inclusivi? Quali decisioni si devono assumere per adeguare il nostro sistema educativo alle continue e rapide trasformazioni imposte dalla globalizzazione? Con la consapevolezza che non esistono soluzioni di corto respiro, servono scelte e decisioni coraggiose e responsabili, sapendo che ogni volta che si punta ad un obiettivo c’è sempre il rischio di non raggiungerlo. Il risultato del farmaco dipende da come reagisce l’organismo.

In questo scenario di grande complessità il settore dell’istruzione e della formazione è cruciale ma dovrà adeguarsi per tempo alla transizione continua, alimentare la capacità di visione e la volontà di progettare un futuro in grado di superare l’individualismo, di affrontare le sfide comuni della società civile. Il punto di partenza è la promozione, a garanzia di un futuro per le nuove generazioni, di una forte capacità di progettazione, d’innovazione in formazione e ricerca.  Chi vuole coronare il sogno di inventare il domani deve alzare lo sguardo dalle formule, imparare a dialogare con altri per concepire vite diverse da quelle che siamo abituati a vivere. Questo scenario richiede un miglioramento del livello qualitativo degli esiti formativi basato su una politica di sviluppo del sistema scuola, luogo in cui fare innovazione, centrata su un nuovo profilo di docente, di dirigente scolastico, di alunno.

Il mondo della scuola cambia se i docenti, intrinsecamente connessi agli alunni che incontrano sulla loro strada, alle famiglie e al territorio, imparano a praticare i nuovi linguaggi, adottando innovativi processi metodologici e didattici. Una prospettiva che richiede lo sviluppo di creatività, curiosità e pensiero critico, con sempre più comunicazione e collaborazione.

Una nuova identità per la scuola

Ciò presuppone di avere un’idea chiara ed efficace del futuro, dei cambiamenti necessari, per realizzare una comunità scolastica più fiduciosa nelle proprie forze e in grado di capire, di indirizzare le continue innovazioni in ambito culturale, sociale, tecnologico e finanziario.

Questo scenario, nel quale la posizione di ciascuno si manifesta sempre più irrilevante, dove l’incertezza è l’unica certezza, si richiede una capacità di adattamento notevole perché le trasformazioni si realizzano in un periodo inferiore alla durata media della vita di una persona. Il contesto attuale è quanto mai svantaggioso per le nuove generazioni per un’indubbia accelerazione nella mutazione sociale, culturale e tecnologica che incide sul confronto intergenerazionale. Si riduce lo spazio reale di inserimento dei giovani obbligandoli a emigrare o a sperare in occupazioni che permettano loro di essere protagonisti dello sviluppo della società. L’indebolimento d’ideali e programmi collettivi, cioè politici e sociali, produce un ripiegamento nella sfera degli interessi individuali e privati, facendo crescere l’egoismo dell’hic et nunc. S’indebolisce il “romanzo generazionale”, non più in grado di rendere curiosi e attivi i giovani e ancora non si ha un punto di riferimento comune.  Da una parte la generazione degli adulti che non vogliono vivere da adulti e dall’altra giovani che non possono vivere da giovani e da adolescenti. Molti adulti parlano dei giovani, ma non molti parlano ai giovani” (Paolo VI), omettendo di ricordare che il mondo esisterà anche dopo. Il passato non limita più le scelte successive, quello che eravamo ieri non impedisce di diventare qualcosa di completamente diverso che prefiguri il dopo di noi.

Il modello della replica di ciò che funzionava viene progressivamente e velocemente sostituito dalla capacità di risposta al cambiamento. L’efficienza della ripetizione si sta affievolendo per effetto di continui e costanti cambiamenti tecnologici, culturali e mentali. Serve una visione del futuro, non del passato, guardare il mondo con chiavi di lettura diverse per scoprire dentro e davanti a sé risorse incredibili. La sfida è riaccendere la speranza costruendo certezze per i bambini e le bambine di oggi. Dobbiamo cambiare le regole del gioco, alzando lo sguardo dalla quotidianità litigiosa. La gioventù deve essere vista nella dimensione di creata e creatrice di un nuovo mondo. La tecnologia offre molte possibilità e non sfruttarle è l’unica cosa che dobbiamo temere.

Tutti sono coinvolti in nuove e continue sfide per effetto delle quali o si cresce insieme o si muore isolati. Cambiano consumi, comportamenti e abitudini e si generano nuovi problemi. Il sistema educativo, che dovrebbe rappresentare la frontiera dell’innovazione, fa fatica ad adattarsi. Le politiche formative messe in campo non appaiono idonee ad affrontare il cambiamento perché poggiano ancora sul modello della ripetizione di contenuti. Oggi, viceversa, si ha bisogno di creatività e non di ripetitività, di opinioni e non solo di nozioni. I progetti devono nascere dal bisogno e non essere calati dall’alto. Certo è difficile, faticoso ma è l’unica strada se vogliamo cambiare davvero le cose. Una scuola che sia luogo ideale per i giovani e il lavoro, interconnessa per favorire la crescita di una società aperta, inclusiva e perciò più forte. La soluzione dei problemi è facilitata dal possesso di una visione complessiva da costruire con il coraggio delle scelte di oggi che devono investire in primo luogo l’università che oggi sembra totalmente sparita dal dibattito sulla scuola, come se questa non la riguardasse.

Il potere dei giovani per il cambiamento

La scuola deve insegnare a essere curiosi, fare domande, provare, sbagliare, riprovare per fare acquisire una prospettiva di ampio respiro e strumenti per capire e valutare i rapidi cambiamenti politici e sociali, per immaginare modalità d’intervento efficaci e appropriati. Senza immaginazione viene meno la possibilità di capire il mondo che ci circonda ma soprattutto non esisterebbero nuove culture globali da conoscere, da sperimentare, da acquisire per poi contestualizzarle nella propria realtà.

In questo, le nuove generazioni hanno molto da insegnare se viste nella realtà in cui vivono. In famiglia sono i nipoti che spiegano agli analfabeti digitali (nonni) l’uso delle tecnologie. Questo esempio di “reverse mentoring” può aiutare a far crescere il convincimento anche, in altri ambienti, compreso quello scolastico, che la trasmissione del sapere può scorrere anche dal basso verso l’alto, in una sintesi positiva in cui le generazioni, come diceva Zygmunt Bauman, “possono confrontarsi e muoversi sullo stesso piano”.

La scuola è il luogo dell’educazione e dell’apprendimento che ha le sue principali radici negli interessi e nelle aspirazioni dei giovani, essenziali per il progresso globale, non solo nel campo economico ma principalmente su quello culturale, sociale e politico che sono determinanti per il loro futuro … e loro sono il nostro futuro.

La scommessa è allontanarsi dall’ordine comandato, ripartire dai giovani, ascoltare le loro storie, le loro idee che sono di grande ispirazione, dare loro voce al tavolo delle decisioni per offrire loro un luogo  che faccia da cassa di risonanza alle loro richieste e proposte, fare scuola con i ragazzi, motivandoli e coinvolgendoli nella costruzione della propria conoscenza, con apertura e accoglienza, dove le attività sono da loro ideate, scritte, realizzate e vissute realmente e non solo in modo virtuale. Questo non significa mescolare luoghi e funzioni perché la scuola non deve mai venire meno alla sua funzione di luogo di studio, ricerca e cultura. Perciò nuove forme e modalità di fare scuola regala a ogni giovane una comunità nella quale riconoscersi come protagonisti del percorso formativo.

La scuola deve allontanarsi dalle sue tradizionali modalità di erogazione del servizio educativo, respirare con respiro sociale, maturando una leadership di significato, porsi in un atteggiamento di ascolto, deve guardare i giovani nelle condizioni reali in cui vivono, nella dimensione di portatori di una “nuova inquietudine”, ricca di opportunità di cambiamento dello “status quo”. Elemento questo che può avere influenza sulla qualità dei processi educativi e didattici e sullo sviluppo di una riconosciuta leadership degli studenti nel miglioramento continuo dell’azione formativa come obiettivo quotidiano e non discrezionale. A tal fine vanno costruite le condizioni e predisposte le opportunità perché siano superate le notevoli difficoltà che la comunità scolastica incontra quando cerca di “connettersi” con l’immaginario degli studenti e con i loro bisogni per renderli protagonisti effettivi dei propri processi di apprendimento ed emancipazione.

Un recente studio dell’Università cattolica fotografa i giovani come molto più impegnati di quanto appaia. La scuola può far tornare l’emozione nelle parole, la passione nei pensieri, il cuore nella testa che sono alla base della trasformazione delle cose. Il Governo su questo tema fondamentale dia il buon esempio, elaborando un nuovo paradigma in grado di rispondere alle esigenze dei cittadini di oggi e di domani, della realtà sociale, economica a culturale che avvolge la scuola. Proceda ad un’analisi dei bisogni della scuola per la società del nostro paese in un’epoca di profonda, radicale e continua trasformazione. Poiché le buone idee non sono mai abbastanza, chi è all’opposizione eserciti i propri diritti di rappresentanza con responsabilità, senza strumentalizzare ogni sforzo e creare inutili tensioni nella scuola. Altrimenti non cambia niente.