Riduzione del valore legale del titolo di studio? Alcuni dubbi

Il rinvio di ogni decisione sul valore legale di studio consentirà di riflettere su una proposta inattesa arrivata all’improvviso e che aveva preso “in contropiede” un po’ tutti.

Vi sono indubbiamente elementi a favore e contro quella ipotesi, tanto che, come sembra, il rinvio di ogni decisione per ascoltare la gente è venuta dopo un contrastato confronto all’interno del consiglio dei ministri che ha indotto il premier Monti a decidere di non decidere.

Vogliamo contribuire anche noi al dibattito che ora dovrebbe aprirsi con due spunti di riflessione.

Il primo riguarda la svolta meritocratica data dagli ultimi ministri dell’istruzione, in particolare con gli interventi del ministro Gelmini e la linea alternativa del ministro Fioroni.

Indubbiamente il ministro dell’istruzione del governo Prodi ha contribuito a sdoganare il tabù storico del riconoscimento del merito. E il ministro Gelmini ne ha seguito l’esempio, se pur con interventi alla fine di modesta entità.

L’azzeramento del peso del voto di laurea nei pubblici concorsi, un elemento forte dell’ipotesi di riforma del valore legale del titolo di studio, va certamente in senso contrario alla linea meritocratica tentata dai precedenti ministri dell’istruzione e che sembrava essere apprezzata dentro e fuori dal mondo della scuola.

Un minor peso del valore legale della laurea potrebbe indurre un maggior numero di giovani a cercare di laurearsi? È lecito dubitarne. Sarebbe un disincentivo allo studio, proprio in un momento in cui il confronto con l’Europa ci vede quasi fanalino di coda nella percentuale di giovani 30-34enni laureati. Come, infatti, ha evidenziato nei giorni scorsi l’Istat, nel 2010 l’Italia ha fatto registrare un modestissimo 19,8% di giovani laureati contro una media UE del 33,6% e punte che in alcuni Paesi sfiorano il 50%.