Rembado (Anp): Il DS non deve essere l’uomo solo al comando
Tuttoscuola continua il suo viaggio nel mondo associativo e del sindacato italiano sul tema della dirigenza scolastica
Siamo alla seconda tappa del viaggio di Tuttoscuola, nel mondo associativo e sindacale. Al centro di questo nostro percorso troviamo la figura del Dirigente Scolastico, con le sue funzioni, il suo ruolo, i compiti che deve svolgere, le attese che il suo lavoro richiama. Dopo l’intervista al segretario generale della Flc-Cgil Domenico Pantaleo, diamo la parola a Giorgio Rembado, presidente dell’ANP (Associazione Nazionle Presidi). Prossimamente sarà il turno di altri responsabili.
La dirigenza scolastica è al centro del dibattito sul rinnovamento della scuola italiana. Il ruolo e la funzione del DS sono determinanti per la qualità del servizio, per il buon andamento e per lo sviluppo delle professionalità presenti nell’istituzione scolastica. Un buon dirigente deve avere una visione strategica supportata da competenze specifiche, sensibilità e doti personali. I requisiti soggettivi devono poter contare del sostegno di una chiara e aggiornata normativa, fondata su ragionevoli e reali responsabilità che trovano conferma tanto nelle competenze richieste quanto nelle condizioni e risorse fornite.
Quali sono le cause di debolezza della dirigenza scolastica?
“ANP ritiene che vi siano sostanzialmente due elementi di debolezza: il primo è costituito dall’eccessivo numero di leggi e regolamenti vigenti nell’ordinamento scolastico e che condizionano notevolmente l’operato della dirigenza; il secondo è costituito dal fatto che le decisioni assunte dall’Amministrazione scolastica sono più frequentemente in sintonia con le posizioni espresse dalle organizzazioni sindacali che con quelle dei dirigenti scolastici nonostante questi siano, come è noto, in rapporto di immedesimazione organica con l’Amministrazione stessa”.
Come si riforma la dirigenza scolastica?
“Si devono incrementare le prerogative dei dirigenti tanto sulla gestione del personale quanto sull’utilizzo delle risorse economiche, si devono assegnare risorse certe e si devono valutare i risultati ottenuti. La tendenza dell’Amministrazione a dettare le regole di gestione più che a fissare gli obiettivi da raggiungere compromette l’efficacia dell’intero sistema di istruzione.
Inoltre, per quanto possa apparire strano, noi siamo decisamente a favore della introduzione di una carriera per i docenti (innovazione da noi proposta quindici anni fa) perché ciò porterebbe alla creazione di quel “middle-management” che, secondo noi, è una condizione essenziale per poter gestire efficacemente delle istituzioni scolastiche sempre più complesse. Insomma, “l’uomo solo al comando” è una filosofia che riteniamo obsoleta e perdente, impossibile da realizzarsi in una società complessa come quella attuale”.
La legge 107 è portatrice di una nuova cultura e mentalità nella dirigenza scolastica?
“Ad avviso dell’ANP, la legge 107 prosegue il cammino iniziato più di quindici anni fa con l’introduzione dell’autonomia scolastica e della dirigenza per i capi d’istituto. Noi l’abbiamo accolta favorevolmente perché attribuisce ai dirigenti maggiori strumenti, alcuni dei quali sono già presenti negli altri comparti della Pubblica Amministrazione (valutazione del personale ed erogazione di premi incentivanti ai sensi del decreto Brunetta), e prevede, in particolare, la possibilità di assumere nell’organico della singola scuola i docenti le cui competenze sono più in linea con il POF. Siamo convinti del fatto che ciò comporti un miglioramento della qualità del servizio di istruzione”.
Regole e vincoli rendono sempre più difficile l’operare dei dirigenti scolastici. Quali norme e vincoli dovrebbero essere eliminati?
“Per quanto riguarda la gestione del personale, andrebbero eliminati tutti i vincoli derivanti dalla obsoleta normativa degli anni ’70 che, nonostante avesse un senso nel contesto dell’epoca, ha portato ad una sostanziale deresponsabilizzazione degli operatori scolastici nei confronti dei destinatari del servizio con grave pregiudizio, in primo luogo, per le frange socio-economiche più deboli della popolazione.
Per quanto riguarda l’utilizzo delle risorse economiche, esse dovrebbero finalmente poter essere gestite senza i vincoli di destinazione derivanti da una concezione della contabilità del tutto superata e inadeguata”.
Si potrebbero “spacchettare”le competenze e le responsabilità dei dirigenti scolastici? Come?
“L’ANP è nata come associazione professionale prima che sindacato e, proprio per questo, non ritiene separabili le competenze dei dirigenti delle scuole senza corrispondentemente degradare la qualità del servizio pubblico dell’istruzione. Altra cosa è operarne una classificazione: da questo punto di vista, è indubbio che vi siano delle competenze relative alla organizzazione della didattica e competenze più squisitamente amministrative. Queste ultime hanno carattere servente rispetto alle prime ma solo mantenendole unificate in unico soggetto è possibile realizzare quella sinergia tipica delle scuole che, invece, è carente in altri settori. Si pensi, per esemplificare, alla sanità pubblica ed alle frequenti polemiche relative alla gestione spersonalizzata dei pazienti, derivante dalla drastica separazione tra competenze mediche e competenze amministrative”.
La revisione del regolamento di contabilità delle istituzioni scolastiche (n. 44/20001) che il Miur sta elaborando va in questa direzione?
“Negli anni, vi sono stati vari tentativi di rivedere il regolamento di contabilità e l’ANP ha sempre fatto la sua parte. Per ora, dobbiamo constatare che gli aspetti di rigidità contabile tendono a prevalere su quelli di flessibilità che, secondo noi, sono assolutamente necessari in una gestione scolastica moderna e che, peraltro, sono ribaditi in numerosi passaggi della legge 107/2015”.
I dirigenti scolastici si autorganizzano al di là ed oltre le organizzazioni sindacali e professionali. Perché?
“La insoddisfazione della categoria è tangibile e condivisibile: i dirigenti delle scuole hanno sempre più compiti e funzioni e, di contro, sono i più penalizzati da restrizioni economiche che, a giudizio del’ANP, derivano da una travisata interpretazione di alcune norme. A riprova di ciò, occorre ricordare che siamo in causa nei confronti dell’Amministrazione perché riteniamo lesi i nostri diritti.
La disponibilità di strumenti comunicativi innovativi, quali i social media, fa ritenere possibile una sorta di “organizzazione dal basso”. Ma dobbiamo mettere in guardia dal pericolo di un’ulteriore frammentazione della rappresentanza che indebolirebbe pesantemente la categoria. Le ragioni dei nostri colleghi meritano accoglimento e richiedono una tutela competente. L’ANP è fortemente impegnata a dargliela. Ne sono un esempio le linee-guida per il rinnovo contrattuale approvate a dicembre 2015 dal nostro Consiglio nazionale e la sottoscrizione del recente accordo quadro sulle aree dirigenziali con cui si pongono le condizioni per il raggiungimento di tutti gli obiettivi di miglioramento della nostra condizione lavorativa”.
A che punto è il contratto? Quali le condizioni e le difficoltà da superare? Quali le previsioni?
“È di pochi giorni fa la firma dell’ipotesi di contratto quadro per la definizione delle nuove aree contrattuali, nel rispetto delle disposizioni legislative contenute nel decreto legislativo 165/2001. In quella sede per la prima volta è passata l’impostazione storica dell’ANP che ha sempre sostenuto la necessità di definire un’area in cui aggregare assieme più profili dirigenziali per togliere la dirigenza scolastica dal suo isolamento. Ed è quello che finalmente è successo, perché i dirigenti delle scuole sono assegnati ad un’area dirigenziale in cui sono presenti anche altri dirigenti (quelli dell’università e della ricerca) e questo ci consente oggi di portare all’attenzione di tutti, come mai in passato, la scandalosa e inaccettabile iniquità di trattamento economico tra noi e altre figure dirigenziali che, peraltro, sono molto meno gravate di responsabilità”.
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