Radici cristiane? La riforma Moratti è giscardiana
Nella riforma Moratti non compaiono riferimenti diretti al Cristianesimo. La legge 28 marzo 2003, n.53, è stata approvata in un momento in cui il lavoro della Convenzione europea presieduta da Giscard d’Estaing si era già delineato nei tratti essenziali, ma non era ancora divampata la polemica sulle radici cristiane (o giudaico-cristiane) dell’Europa, esplosa di queste ultime settimane.
In materia di eredità culturale e religiosa si può dire che la riforma Moratti ha una posizione simile a quella contenuta nella bozza preparata da Giscard, che mette l’accento sul carattere composito di tale eredità, parlandone al plurale (“eredità culturali, religiose e umaniste dell’Europa”).
La legge n. 53 indica, tra i criteri direttivi da rispettare in sede di delega, la promozione del “conseguimento di una formazione spirituale e morale, anche ispirata ai principi della Costituzione” – che in materia di religione è pluralista – e lo “sviluppo della coscienza storica e di appartenenza alla comunità locale, alla comunità nazionale e alla civiltà europea”, senza alcun riferimento alle sue radici storico-culturali (art. 2, comma 1, punto b). L’unico altro riferimento alla dimensione religiosa viene fatto al punto e) dello stesso comma, relativo alla scuola dell’infanzia, che “concorre all’educazione e allo sviluppo affettivo, psicomotorio, cognitivo, morale, religioso e sociale”. Nessun riferimento viene fatto per gli altri gradi di scuola.
Si parla invece di “rispetto delle differenze e dell’identità di ciascuno” (art. 1, comma 1) e di piani di studio “coerenti con le attitudini e le scelte personali” (art. 2, comma 1, punto a), tra le quali si deve supporre che vadano comprese anche le scelte in materia religiosa. Un’ottica indubbiamente pluralista, in linea con lo spirito che anima la bozza di Costituzione giscardiana.
Nasce un dubbio. Che cosa sarebbe accaduto se la legge fosse stata discussa nel clima creatosi in questi giorni?
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