In quel pugno c’è la sconfitta della scuola

La notizia del docente esasperato che ha dato un pugno nella bocca dello stomaco a uno studente che si era alzato per insultarlo e deriderlo, proprio non ce l’aspettavamo e, chiaramente, non ci serviva proprio. Quello che invece potevamo immaginare, e così è stato purtroppo, è il clamore mediatico e la divisione manichea tra i giustizialisti e i garantisti. Da un lato abbiamo opinione pubblica, alcune associazioni di genitori e di insegnanti (minoritari a dire la verità) che condannano senza se e senza ma quanto sembra aver fatto il docente di Pontedera, senza considerare alcuna attenuante o giustificazione. Nulla importa quindi che la classe dell’istituto professionale dove è accaduto il gesto fosse una realtà complessa e difficile, nella quale l’anno precedente erano fioccate sospensioni e bocciature o che il docente fosse considerato dall’intera comunità scolastica una persona accogliente e benvoluta. No, nulla importa: il docente che picchia ha sempre torto e deve pagare. I garantisti forse sono ancora più estremi nelle loro posizioni, ne abbiamo lette a centinaia (rimanendone esterrefatti) in queste ore nelle pagine social dedicate alla scuola. Le colpe, a loro avviso, sono della famiglia, dello studente, dei bei tempi che non ci sono più quando il “signor maestro” era benvoluto dall’intero paese come il sindaco, il maresciallo dei Carabinieri ed il farmacista. Brutta cosa la nostalgia dei tempi non vissuti.

Tra il bene e il male, il bianco ed il nero, i giusti e gli sbagliati, tra queste due curve prese ad urlare la loro posizione senza essere capaci di ascoltare l’altra, ecco nella bolgia mediatica di questo stadio virtuale abbiamo un fatto incontrovertibile: se la storia raccontata in queste ore dovesse confermarsi vera, allora perdono tutti.

Perde in primis il docente, un professionista, che vede distrutta o seriamente compromessa la sua carriera e credibilità. Ha perso nel momento in cui ha sferrato il pugno – così sembra dal video dell’accaduto -, nel momento in cui si è alzato e con tono di sfida ha chiesto: “Allora cosa fai adesso”. Ha perso come educatore ed insegnante. Dovrà probabilmente affrontare un processo e rischia di perdere molto, molto più di tutto questo.

Ha perso la scuola di Pontedera dove è accaduto il fattaccio, perché ricordiamo che la scuola deve essere una comunità e se avviene un fatto del genere non è coinvolto, o almeno è molto difficile che lo sia, un solo docente, ma è l’intera struttura che deve farsi delle domande e capire come uscirne.

Perdono molto, moltissimo gli studenti, che non sono i “cittadini del domani” come qualcuno vuole farci credere, ma sono i protagonisti, anche in negativo, dell’oggi. Il ragazzo che sbeffeggia il docente, chi ride, o chi riprende, diventa clown di un circo malato che lo sta condannando a un futuro caratterizzato da grandi incertezze e negatività. Questi ragazzi, oltre a perdere, fanno anche un po’ pena.

In questa fiera degli sconfitti c’è però una luce fioca, che dà ancora speranza. Abbiamo letto la dichiarazione della mamma del ragazzo e ci è sembrata giusta, triste e di buon senso. Forse, se vogliamo ripartire, dobbiamo farlo dalla riflessione di questa mamma che non giustifica il proprio figlio, anzi, lo condanna apertamente, ma che contemporaneamente ha sporto denuncia perché è inammissibile che un adulto, soprattutto se educatore, possa assumere atteggiamenti violenti verso i giovani che gli sono stati affidati.

Tutto questo deve spingerci a riflettere sullo stato di salute della scuola, sul senso della parola “merito” che deve essere scevra da ideologie politiche e sul perché, sempre di più, quando si parla di scuola si sentono sempre notizie negative e sconfortanti. Forse tutto questo, più del pugno del docente, dovrebbe preoccuparci e farci capire che dobbiamo cambiare strada, prima che sia troppo tardi.

 

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