Prova Invalsi: cambiare la legge o interpretarla diversamente?

La norma di legge che nel 2007 ha introdotto la prova nazionale dispone che “L’esame di Stato comprende anche una prova scritta, a carattere nazionale, volta a verificare i livelli generali e specifici di apprendimento conseguiti dagli studenti. I testi relativi alla suddetta prova sono scelti dal Ministro della pubblica istruzione tra quelli predisposti annualmente dall’Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione (INVALSI), conformemente alla direttiva periodicamente emanata dal Ministro stesso, e inviati alle istituzioni scolastiche competenti”.

La norma mette in evidenza la finalità di verificare i livelli generali e specifici di apprendimento degli studenti, ma non chiarisce nettamente se le prove sono uno strumento di valutazione del singolo alunno (come sta avvenendo di fatto) oppure se sono anche uno strumento di valutazione del sistema (come avviene).

Nel primo anno di applicazione della norma il ministero aveva consentito alle commissioni d’esame di decidere autonomamente se utilizzare gli esiti della prova nazionale anche per valutare gli alunni. Negli anni successivi la prova, come avviene oggi, è diventata materia di valutazione alla pari di tutte le altre prove interne.

Se si converrà di non far pesare la prova nazionale all’interno della valutazione di ogni alunno, forse non sarà nemmeno necessario modificare la legge. Basterà, infatti, interpretarla nel senso che la prova nazionale, come avviene nelle altre rilevazioni Invalsi degli apprendimenti per le classi intermedie, serve a misurare il sistema di istruzione.

Si può svolgere nell’ambito dell’esame, ma a peso valutativo zero.

Andrebbe invece modificato il regolamento sulla valutazione (dpr 122/2009), che ha comunque bisogno di una revisione.