Perché i politici confondono le piccole scuole con le istituzioni scolastiche?

Dopo l’aggiustamento di tiro in Senato sul commissario ad acta nei confronti di enti territoriali inadempienti, con rinvio al prossimo anno degli interventi per portare a norma le istituzioni scolastiche sottodimensionate, vi sono state diverse dichiarazioni di esponenti dell’opposizione.

È grazie alla determinazione del Pd – dicono le parlamentari Albertina Soliani e Carmen Motta – se non ci saranno i tagli delle scuole nei piccoli Comuni montani. Il governo è stato costretto a rivedere l’art. 3 del decreto 154, sostituendolo con un emendamento che prevede, per l’anno scolastico 2009/2010, il mantenimento dell’attuale situazione, lasciando che siano le Regioni e gli Enti locali a scegliere se dimensionare o no le istituzioni scolastiche.” Se è fuor di dubbio che la correzione del decreto è anche merito del PD (oltre che delle Regioni) è sorprendente però che si continui a parlare di tagli (scongiurati) delle scuole nei piccoli Comuni montani. Che c’entra con il dimensionamento delle istituzioni scolastiche?

Per quest’anno il rischio della chiusura di tante scuole dei piccoli comuni è scongiurato. Ma ora non dobbiamo fermarci“. È il commento del presidente della Provincia di Roma, Nicola Zingaretti, propugnatore della disubbidienza istituzionale. Ma questo delle piccole scuole è, caso mai, un altro problema, niente affatto scongiurato dal rinvio dell’azione di dimensionamento. Non di tenore diverso il commento della Bresso, presidente della regione Piemonte.

La razionalizzazione delle piccole scuole è argomento trattato dal piano programmatico (art. 64 legge 133/08) e di possibile attuazione, anche se riteniamo che sia opportuno un accordo istituzionale tra lo Stato e i Comuni, visto che il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 affida proprio ai Comuni la competenza circa “l’istituzione, l’aggregazione, la fusione e la soppressione di scuole” (art. 139).