Perché certe maestre a Milano diventano fantasmi?

Si è avuta notizia nei giorni scorsi della denuncia a carico di 27 maestre “fantasma” (ma forse saranno anche di più) che dopo aver vinto il concorso per un posto a Milano non si sono mai presentate adducendo certificati di invalidità rilasciati dalle ASL della provincia di provenienza, in molti casi quella di Reggio Calabria.

La legge 104 sull’handicap e il contratto sindacale sulla mobilità degli insegnanti consentono in effetti agli invalidi (veri) di chiedere il trasferimento, ma il provveditorato di Milano si è insospettito per il  numero e la provenienza degli invalidi, e ha interessato la procura del capoluogo lombardo e quella di Reggio Calabria. Così  è partita l’indagine, perché sembra che le certificazioni siano state rilasciate con eccessiva generosità. Se verranno effettivamente accertate le responsabilità, si tratterebbe di un fatto gravissimo che dovrebbe essere sanzionato duramente e con misure immediate.

Fin qui la cronaca, e se ne vedranno gli sviluppi. Ma perché, al di là di questo caso specifico e degli eventuali aspetti rilevanti per il codice penale, è così forte il desiderio dei molti maestri e professori meridionali vincitori di concorso di tornare a casa, o almeno nella Regioni di provenienza, e comunque al Sud?

I motivi sono senz’altro tanti. Una spiegazione la può fornire anche il diverso costo della vita, come hanno mostrato nei giorni scorsi le cifre fornite dall’ISTAT sulla soglia minima al di sotto della quale si determina la condizione di “povertà assoluta”: per la categoria “single under 60” (la condizione presumibilmente prevalente tra le neo-maestre) la soglia è stabilita a 724,3 euro in un’area metropolitana del Nord, mentre scende a 538,9 in una del Sud, e addirittura a 487,6 euro in un piccolo Comune: quasi un terzo in meno (32,7%), cui si aggiunge l’eventuale ulteriore vantaggio di lavorare vicino a casa.

Ma il contratto nazionale della scuola non fa distinzioni, non tiene conto del diverso costo della vita. All’origine dell’unidirezionale mobilità verso il Sud e della aspirazione di tanti insegnanti a trasferirsi dove la vita costa meno – tanto forte da creare perfino “fantasmi” – sta anche l’invarianza dello stipendio: un problema che il Governo e i sindacati farebbero bene a prendere in seria considerazione.