Per vincere la dispersione al sud la scuola non può rimanere sola

I 2,3 miliardi di fondi europei sbloccati per il Sud avevano già una destinazione per quei territori, ma Regioni e Stato non sono stati in grado di spenderli. Adesso ci riprovano, mentre dalle parti della Lega si parla impropriamente di favori per i territori meridionali a danno di quelli settentrionali.

In quei fondi europei sbloccati dal Governo per il Sud ci sono anche 220 milioni destinati a prevenire la dispersione scolastica e a incentivare l’autoimpiego e l’apprendistato per i giovani delle quattro regioni PON del programma sviluppo (Campania, Puglia, Calabria e Sicilia).

Si tratta di una sfida non da poco, perché, oltre a richiedere una capacità di spesa che, come si è visto, è da anni molto incerta e precaria, ha assolutamente necessità di individuare misure efficaci che riescano a centrare l’obiettivo.

La scuola meridionale è chiamata a fare la sua parte, ma non può essere l’unico presidio pubblico nel quale la dispersione può essere combattuta. C’è bisogno di patti territoriali tra istituzioni, di reti di servizi complementari sul territorio.

La dispersione scolastica su quei territori – in particolare in Sicilia e in Campania – tocca da anni punte preoccupanti di giovani che escono precocemente dal sistema formativo.

In attesa di conoscere, grazie all’anagrafe nazionale degli alunni, quanti studenti in quei territori riescono a raggiungere la licenza media e quanti si iscrivono agli istituti d’istruzione secondaria superiore, è possibile conoscere quanti ragazzi, dopo essere entrati nel primo anno di istituti superiori, non arrivano al quinto anno per conseguire il diploma.

Mediamente nell’ultimo quinquennio in Sicilia si è perso lungo il percorso il 36% dei ragazzi; in Campania il 35%; in Puglia il 27%, in Calabria il 24%.