Per l’istruzione spendiamo poco e spendiamo meno

C’è un obiettivo per il 2010 che Lisbona non ha quantificato: l’investimento della ricchezza in istruzione. Nessuna cifra, nessun vincolo: solamente un impegno per un incremento significativo, che è come dire “ciascun Paese faccia il possibile per investire di più in istruzione“, sottintendendo anche “investire meglio” e “spendere bene” che è un po’ l’imperativo categorico degli ultimi governi italiani, ben sintetizzato dal “Quaderno bianco” del 2007.

Nel 2000 i più alti investimenti per l’istruzione (% del PIL) si registravano nei Paesi del Nord Europa, con la Danimarca che investiva nel 2000 più dell’8% del suo prodotto interno lordo, seguita dalla Svezia (7,31%) e dalla solita Finlandia (6,08%). Molto bene anche la Slovacchia (oltre il 6,5%) e il Belgio (6%).

Ben 13 Paesi dell’Unione – e tra questi anche l’Italia – investivano meno del 5% del PIL. Per l’esattezza il nostro Paese investiva nel 2000 il 4,47% del suo prodotto interno lordo. Se ci può consolare, Grecia, Lussemburgo e Romania erano sotto il 4%.

L’obiettivo di Lisbona per il 2010 era quello incrementare il livello di partenza di ciascuno in modo significativo. L’incremento maggiore è stato quello dell’Ungheria che ha aumentato di quasi un punto percentuale l’investimento del Pil nella scuola, seguita dalla Gran Bretagna, dalla Romania e dalla Polonia, dall’Irlanda e dalla Germania e dall’Olanda.

Ma ci sono stati Paesi che nel settennio, anziché incrementare gli investimenti, li hanno ridotti percentualmente, come è successo, ad esempio, per l’Italia che, oltre ad investire poco, ha investito meno, passando dal 4,47% di investimenti del Pil per l’istruzione al 4,43%, come è successo anche alla Spagna, al Belgio e alla Francia. L’essere in buona compagnia, però non annulla la situazione poco allegra. Anche se ovviamente non è solo una questione di quantità, ma soprattutto di qualità della spesa. Le inefficienze e gli sprechi non se li può permettere nessuno, ma la strada maestra indicata dall’Europa è quella di incrementare gli investimenti.

Se si pensa che tra le riduzioni di spesa (e investimento) per l’istruzione del governo Prodi e quelle attuali del governo Berlusconi se ne andranno entro il 2010 circa 3 miliardi di euro, l’incremento significativo degli investimenti per l’istruzione in Italia difficilmente ci sarà.