Per i magistrati, l’assegnazione del 10 politico non fu reato

Il procuratore reggente Silverio Piro e il sostituto Luigi Persico, della Procura della Repubblica di Bologna, hanno deciso di chiedere al giudice l’archiviazione del procedimento a carico dalle maestre delle scuole di Longhena per la vicenda del 10 in pagella assegnato in tutte le materie agli alunni, in segno di protesta contro la riforma Gelmini.

Secondo i magistrati bolognesi, non è ipotizzabile il reato di abuso di ufficio, dato che il comportamento delle maestre non ha causato “un ingiusto vantaggio patrimoniale” o “un ingiusto danno” a sé o altri.

La richiesta di archiviazione è criticata dai partiti di governo e dall’Udc, che contestano in primo luogo “la mancanza di rispetto per le regole a chi dovrebbe insegnarle“.

In realtà, l'”innocenza” penale è un’ovvietà, e c’è da chiedersi se l’istruire indagini penali su fatti del genere non rientri tra i tanti sprechi della pubblica amministrazione in Italia. Più congruo, indipendentemente dagli esiti, il procedimento amministrativo, aperto con la contestazione di addebito ai 27 maestri (su 36) che assegnarono il 10 “politico”, che è anche il primo atto di un procedimento disciplinare.

È un fatto che finora l’unico effetto della protesta della scuola Longhena di Bologna sia stata la notorietà cui è assurta Marzia Mascagli, l’insegnante che a febbraio guidò la clamorosa contestazione e che ora è stata inclusa tra i candidati di Rifondazione, nella lista “Bologna Città Libera”, nelle prossime amministrative comunali.