Per contrastare la flessione demografica il ministro Fontana vuole investire sulle famiglie

La confermata flessione demografica, messa in evidenza dai recenti dati dell’Istat, vuole essere il punto di partenza dell’azione politica del neo ministro Lorenzo Fontana, preposto al dicastero della famiglia e della disabilità.

La questione fondamentale è quella demografica – ha dichiarato in una recente intervista a Famiglia Cristiana – Bisogna partire dalla drammaticità dei numeri. In Italia abbiamo avuto un calo demografico paragonabile alle perdite della Prima guerra mondiale e all’epidemia di spagnola. Abbiamo subito gli effetti di una guerra, anche se non c’è stata la guerra. Ma bisogna tenere conto che il calo demografico provoca un calo economico e anche un aumento del debito pubblico. Il calo demografico crea problemi di tenuta sociale ed economica, ma se ne parla solo quando escono i dati Istat. Già affrontare la questione è un cambiamento”.

La prima cosa da fare– ha dichiarato Fontana – è sostenere la natalità e le famiglie. Si può lavorare in tanti settori”. Tra le tante azioni del suo ministero vorrebbe anche rendere gratuiti gli asili nido, togliendo la voce delle spese per gli asili nido comunali dal patto di stabilità.

È certamente lodevole la sua intenzione, ma riteniamo che sia prioritario il sostegno alla diffusione dei servizi per la prima infanzia su tutto il territorio nazionale, a cominciare dalle regioni meridionali, carenti, più che altrove di strutture.

L’Europa ha fissato al 33% la percentuale di bambini ‘scolarizzati’ nei nidi e nei servizi integrati, ma l’Italia è ben lontana da quell’obiettivo.

L’ultima rilevazione Istat sui servizi educativi per la prima infanzia registra ancora differenze molto rilevanti fra il Mezzogiorno e il resto del paese: al Nord-est e al Centro Italia i posti censiti nelle strutture pubbliche e private coprono il 30% dei bambini sotto i 3 anni, al Nord-ovest il 27% mentre al Sud e nelle Isole si hanno rispettivamente 10 e 14 posti per cento bambini residenti. I bambini sotto i tre anni accolti in servizi comunali o finanziati dai comuni variano dal 18,3% del Centro al 4,1% del Sud.  

Dati ufficiosi più recenti parlano di incremento percentuale dei bambini 0-2 anni che fruiscono dei servizi, ma il dato è ingannevole, in quanto, a invarianza di posti disponibili, il minor numero di potenziali fruitori (minor numero di nati) determina un innalzamento della percentuale.

Il recente decreto legislativo 65/2017 sul sistema integrato 0-6 anni si è limitato, per il momento, a potenziare finanziariamente i nidi d’infanzia esistenti, mentre molti territori privi di servizi attendono. È soprattutto a questi che il ministro Fontana dovrà pensare.