Passi incerti per la “nuova” autonomia

Nuova autonomia scolastica o, se credete, attuazione della languente autonomia: se ne parlerà concretamente tra quattro mesi, a giugno, visto che il decreto legge n. 5/2012 sulle semplificazioni ha previsto che le relative linee guida di attuazione saranno adottate “entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto”.

60 giorni per convertire in legge il decreto (entro il 10 aprile) e altri 60 dopo l’entrata in vigore della legge di conversione (intorno al 15 giugno): se tutto andrà bene (c’è anche il passaggio obbligato della Conferenza Stato-Regioni), le linee guida, dunque, potrebbero essere pronte prima dell’estate.

Nella iniziale versione del testo, approvato dal Consiglio dei ministri il 27 gennaio prima dei correttivi apportati in via definitiva una settimana dopo, si parlava di decorrenza della “nuova” autonomia “responsabile” a decorrere dall’anno scolastico 2012/2013.

Invece non potrà più essere così, perché i quattro mesi richiesti per definire le linee guida fanno capire che si potrà mettere mano all’organico – elemento centrale della disposizione normativa – soltanto nel 2013, perché la definizione dell’organico per il 2012/2013 è ormai imminente.

Rispetto alla prima versione, non è più previsto che l’organico delle istituzioni sia “uguale a quello dell’anno scolastico 2011/2012”, né si conferma la dotazione aggiuntiva di altri 10 mila posti.

Senza nuovo organico, senza risorse fresche, le linee guida per la nuova autonomia rischiano di essere mere affermazioni di principio o, al massimo, indicazione di criteri per una maggiore efficienza del servizio o poco più.

Di organico funzionale – ammesso che se ne possa ancora parlare nel senso di organico potenziato – se ne parlerà, dunque, nel migliore dei casi, tra un anno. Forse.

C’è poi l’affermazione di chiusura dell’articolo 50 del decreto legge che sembra non lasciare scampo: “Dall’attuazione delle disposizioni del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”. Il MEF ha colpito, ancora una volta.