Paola Tonna: rimuovere il ‘blocco conservatore’

Va dato merito alla redazione di Tuttoscuola di tenere alto l’interesse sulle problematiche del sistema istruzione con questo dossier condivisibile nelle soluzioni suggerite relativamente alle sei tematiche proposte. Tuttavia, per rendere operative in modo pragmatico almeno alcune delle soluzioni proposte manca, a nostro avviso, una presa di coscienza delle cause dal punto di vista degli attori ‘sociali’ che storicamente hanno impedito la realizzazione di quello che Tuttoscuola e l’associazionismo professionale più riformatore va dicendo da almeno tre lustri, finendo con lo scaricare così in modo subliminale ma non troppo, la gran parte della responsabilità sugli insegnanti.

Il dossier, infatti è giustamente centrato su di loro dato che su di essi si fonda un processo educativo efficace. Tuttavia, partire dal vecchio adagio che gli insegnanti mediamente lavorano poco perchè accettano di essere pagati poco e godrebbero di numerosi privilegi, sembra agli occhi di chi nelle scuole opera e lavora, il perpetuarsi di un trito luogo comune, eredità di uno dei tanti risvolti del sindacalismo scolastico italiano di stampo operaio ed impiegatizio, che ha trasformato l’antico slogan per cui “l’unione fa la forza” in un contratto unico che vede assemblati insieme insegnanti, personale di segreteria, bidelli etc.

Tutti  ‘operatori scolastici’ quindi: todos caballeros in una non veritiera sorta di egualitarismo ideologico delle funzioni per cui per tutti la produttività si misura nelle ore passate in torneria, a fare buchi nel metallo dove i ‘buchi’ al tornio sono naturalmente le lezioni frontali. Ma se si accetta tale logica la conclusione è inevitabile: o si fanno più ore frontali o si è più presenti a scuola. E dunque questa proposta già del Governo Monti, bocciata un anno fa per numerosi e noti motivi, ritorna puntualmente, nelle proposte del principale sindacato della Scuola e di quanti, anche partiti, sono legati a quell’area sindacale.

Ecco così che si arriva ad un ibrido non ben comprensibile: la carriera come ‘premio’, concetto impiegatizio legato al numero di manufatti o pratiche prodotte. Un ossimoro veramente singolare che ha il merito di non fare chiarezza su quello di cui l’organizzazione di una scuola efficace oggi ha veramente bisogno.

Desta stupore l’affermazione a pag.17 del Dossier: “Dieci anni fa i maggiori sindacati erano pronti ad intraprendere questa strada (quella della carriera), poi non se n’è fatto più nulla”. Chi ha seguito da vicino le numerose vicende contrattuali sa bene che dal CCNL del ’95 i sindacati ad ogni tornata contrattuale, hanno puntualmente rinviato la questione della carriera degli insegnanti ad una commissione ad hoc che ne studiasse la fattibilità e che poi altrettanto puntualmente si disperdeva nelle nebbie…

Per questo abbiamo sempre chiesto che fosse il Parlamento, e non i Sindacati, a ricostruire i contorni della professione docente ed legiferare per una riorganizzazione del lavoro professionale degli insegnanti nelle scuole, come prevede anche l’art. 97 della nostra Costituzione, partendo dalla prima importante fase della formazione iniziale e del reclutamento per arrivare alla definizione di un nuovo stato giuridico, che definisse i nuovi ruoli e relativi profili professionali di cui c’è bisogno, in modo da renderla finalmente idonea alle necessità delle scuole autonome, imperniate sulla responsabilizzazione dei processi didattici e dei relativi risultati, per invertire finalmente la tendenza che oggi vede il sistema istruzione italiano come fanalino di coda nella UE.

La carriera degli insegnanti è una necessità professionale di tipo strutturale, non un premio per chi genericamente si vuole impegnare di più. Un nuovo inquadramento professionale, quindi, basato su un virtuoso intreccio tra merito e funzione, che può essere garantito solo dalla costruzione di uno sviluppo di carriera professionale, come avviene in tutte le professioni. C’è bisogno di ruoli professionali diversificati e formalizzati cui attribuire le responsabilità complesse della scuola autonoma. Ad esempio, quell’integrazione che voi giustamente proponete tra educazione formale, non formale ed informale necessita di figure professionali specializzate in grado di progettarla.

Tra i ruoli prioritari e coerenti con il progetto autonomista vi è anche quello che riveste su di sé l’insieme delle diverse competenze che portano all’esercizio di un orientamento efficace degli studenti nella costruzione del loro curricolo scolastico. Solo un potenziamento della flessibilità didattica, che va progettata, prevista dall’autonomia e dalla recente Riforma della Secondaria Superiore può, infatti, rendere più appetibile la scuola e contribuire a risolvere quello che per il nostro Paese è uno dei principali problemi: l’alto tasso d’abbandoni.

Letta attraverso le lenti di queste doverose puntualizzazioni, concordiamo con la proposta del Dossier sulla carriera degli insegnanti, come pure concordiamo con la necessità improcrastinabile di una valutazione di sistema, esterna al MIUR e di un monitoraggio puntuale di tutto ciò che implica l’esborso di denaro pubblico. Non possiamo che essere d’accordo sulla incredibile vicenda degli ispettori e sul ruolo dell’Invalsi.

Anche qui, tuttavia, una constatazione: in luogo di una valutazione di sistema che doveva accompagnare fin dal 2000 il processo dell’Autonomia, abbiamo invece avuto il massiccio controllo delle Scuole da parte dei sindacati con l’istituzione capillare delle RSU d’istituto, naturalmente unitarie. Il disegno che ne esce è chiaro: in luogo di un auspicato quanto necessario inquadramento dei docenti in una dimensione professionale, come chiede da tempo l’Europa (Raccomandazione Unesco 1966), con ‘strumenti’ propri dei professionisti, li si è spinti invece verso una sindacalizzazione esasperata, tipica appunto delle categorie operaie che ha portato ad una contrattazione d’istituto laboriosissima e che ha costretto i docenti-sindacalisti ad un’attività totalizzante di tipo micro-sindacale e ad una inevitabile dipendenza tutoriale dalle Organizzazioni sindacali.

In definitiva per rinnovare le nostre istituzioni scolastiche è necessario identificare quello che voi giustamente definite, a pag. 6, “il blocco conservatore che ha ingabbiato la scuola negli ultimi decenni” perchè qualsiasi terapia può essere conseguente solo ad una precisa diagnosi, altrimenti non serve.

* Presidente APEF