Pandemia: dai bisogni della scuola alle (non) decisioni di Governo e Regioni

La scuola è sempre tra le prime leve che vengono utilizzate nella battaglia contro il Covid, al di là delle conseguenze che si determinano sul piano didattico. Mentre il mondo del calcio rivendica, attraverso i suoi più autorevoli esponenti, il diritto di tornare alla normalità, mentre ci si preoccupa, per motivazioni economiche del tutto comprensibili, di non incidere troppo sulle prospettive delle attività di ristorazione (alle quali si impone la chiusura dopo le ore 18), il danno formativo e didattico non sembra entrare nelle valutazioni della politica oltre una certa misura.

E tutto ciò mentre rimangono irrisolti nodi di primaria importanza, come quello dei trasporti. Basta un giro sui mezzi pubblici negli orari pre e post-scolastici per capire che la prudenza, il distanziamento, la disinfezione che si osservano nelle aule rischiano di essere vanificati nel percorso da casa a scuola e ritorno. I trasporti erano e sono rimasti il buco nero delle misure di prevenzione anticovid.

È evidente che il sistema dei trasporti richiede investimenti e progettazione di lungo periodo, ma non ci si può esimere dal considerare che, accanto a quelli delle aziende pubbliche, esistono pullman privati, inoperosi a causa del blocco del turismo. Utilizzarne una certa parte per alleggerire il carico sui mezzi pubblici negli orari di punta potrebbe forse contribuire al contenimento del contagio, alleggerendo la necessità di incidere sul sistema scolastico.

Allo stesso modo, le ASL o ATS, nonostante l’impegno spasmodico degli operatori, accusano ormai un evidente affanno nel fronteggiare il virus. Troppi i giorni che intercorrono tra la segnalazione dei casi, sospetti e/o accertati, e il tampone al resto della classe. Occorre, per mantenere aperto e vivo il sistema scolastico, un intervento più tempestivo, tenuto conto che ogni positività è causa di isolamento per 20/25 contatti scolastici, fino ad accertamenti avvenuti. Altrimenti la battaglia per tenere aperte le scuole, almeno quelle del primo ciclo, sarà insostenibile nel lungo periodo, e si vedono già ampie crepe che le scuole, a partire dai dirigenti scolastici, stanno pagando sulla loro pelle.

Infine, si fa presto a dire Didattica Digitale, ma sempre maggiore è il numero degli istituti scolastici che denunciano l’insufficienza della propria dotazione tecnologica, non tanto in termini di dispositivi disponibili, quanto di connettività. Non tutti gli istituti dispongono di banda larga e connessione veloce, e diviene sempre più difficile rispondere alla necessità di didattica digitale. Ed è mancato in questi mesi un vero piano massivo di formazione per gli insegnanti, sia sugli aspetti tecnici, sia e soprattutto sulle metodologie didattiche innovative. A queste difficoltà dal lato dell’offerta formativa, si sommano quelle degli studenti, anche qui non tanto per la disponibilità della strumentazione, alla quale la scuola ha in parte sopperito, sulla base dei finanziamenti ricevuti, quanto dal punto di vista dell’accesso alla rete.

Insomma, il Covid non è più una novità, ormai, ma un’emergenza che fronteggiamo da mesi, al punto che è lecito domandarsi se possa essere considerata ancora tale, mentre, invece, i limiti organizzativi permangono in tutta la loro gravità. Continuare a far leva sulla scuola, invece che sull’organizzazione complessiva, è l’equivalente della cura dei sintomi, in assenza di interventi sulle cause.