I tanti fronti di guerra di Lucia Azzolina
Bisogna riconoscere che la ministra Lucia Azzolina si è trovata a combattere contemporaneamente su tanti fronti: quello politico, non solo con l’opposizione ma anche all’interno del governo e del suo stesso gruppo parlamentare, che non sempre sono stati solidali con le sue scelte; quello sindacale, o almeno dei cinque sindacati più rappresentativi, su vari fronti tra cui il concorso straordinario per i docenti precari, che le hanno chiesto congiuntamente e insistentemente di rinviare, cosa che lei non ha fatto; quello mediatico, che l’ha vista bersaglio di attenzioni e di imitazioni e parodie non sempre, anzi quasi mai benevole.
Nel complesso Azzolina si è mostrata resiliente, per usare un aggettivo oggi di uso corrente: diventata ministro quasi per caso, dopo le inopinate dimissioni di Lorenzo Fioramonti, si è circondata di uno staff di fiducia e ha corretto la linea del suo predecessore in più punti: sui concorsi ha ribadito la fedeltà alla norma costituzionale che li prevede come via ordinaria di accesso alla pubbliche amministrazioni; sull’educazione civica, che Fioramonti avrebbe voluto centrata sulla dimensione ecologica-ambientalista, ha posto l’accento sull’analoga importanza di quella digitale e di quella giuridico-costituzionale e valoriale; sulle parodie si è divertita; sulla assillante campagna anti banchi a rotelle ha tenuto ferma l’intenzione di eliminare finalmente quelli vecchi, che “hanno sotto il chewingum di tuo nonno”; sulla didattica in presenza, dopo un’iniziale esitazione, ha preso posizione apertamente per la priorità di questa modalità di insegnamento e apprendimento, recuperando almeno su questo un filo di dialogo con i sindacati.
In questi ultimi giorni e ore però il Covid-19 ha accelerato e ha reso inevitabile il ricorso a misure di restrizione degli spostamenti e delle occasioni di aggregazione, tra le quali c’è inevitabilmente anche la presenza fisica degli alunni nelle aule scolastiche. Il nuovo Dpcm del Governo prevede di trasferire online almeno il 75% della didattica nelle scuole secondarie superiori. Alcune Regioni adottano la DDI al 100% alle superiori, e si preparano (è il caso della Lombardia, la più colpita dal virus) ad avviarla anche negli altri livelli di scuola. Azzolina fa sapere di non essere d’accordo, e cita i dati dell’Istituto Superiore di Sanità che danno i contagi nelle scuole addirittura in diminuzione, ma le Regioni, costrette a scegliere tra misure restrittive che colpiscono l’economia (con le conseguenze che si sono viste a Napoli, verosimilmente spinte dalla criminalità organizzata, che “lavora” soprattutto di notte e quindi è contraria ai “coprifuoco” notturni) e misure che riducono la presenza a scuola tendono a scegliere le seconde.
E’ comprensibile la difesa della didattica in presenza finché si può, ma nel frattempo è doveroso preparare al meglio (e non sporadicamente e in maniera non strutturata e massiva, come avvenuto) le condizioni affinché le scuole possano svolgere al livello più alto possibile il loro fondamentale ruolo anche nell’emergenza, e quindi a distanza: connessioni e dotazioni tecnologiche dove mancano, una qualificata formazione dei docenti. Sarebbe saggio che il Ministero di Lucia Azzolina ne prendesse atto (chi le ha consigliato di farlo mesi fa non è stato ascoltato), e accelerasse la transizione alla didattica digitale integrata (DDI) cominciando da subito.
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