Osservazioni in classe: come lavorano in aula gli insegnanti di primaria e secondaria di I grado. La ricerca

«Non sono pochi gli insegnanti italiani che nel lavoro quotidiano in aula dimostrano ottime capacità didattiche. Lo conferma anche Osservazioni in classe, la ricerca presentata lo scorso 2 febbraio secondo la quale una percentuale fra il 25 e il 30% degli insegnanti del primo ciclo (primarie e secondarie di primo grado) riesce a offrire in modo assai efficace alle proprie classi spiegazioni strutturate e strutturate proposte di attività, favorendo gli apprendimenti, l’elaborazione attiva e consapevole dei saperi, l’autonomia. Tuttavia, ciò ancora non basta, perché a dispetto di una retorica spesso di segno contrario, gli insegnanti non sono tutti uguali. Se vogliamo davvero un salto di qualità negli apprendimenti degli studenti del nostro Paese – in ogni grado scolastico – è necessario uno sforzo energico per migliorare le capacità didattiche del maggior numero possibile di docenti, portando a livelli elevati sia quanti oggi non vanno oltre una decorosa sufficienza sia i futuri neoassunti. Investire in innovazione didattica e formazione degli insegnanti deve essere un obiettivo del piano italiano in vista di Next Generation EU». Così il direttore di Fondazione Agnelli, Andrea Gavosto, ha sintetizzato e commentato i risultati della ricerca Osservazioni in classe, frutto di una collaborazione pluriennale fra Fondazione Agnelli e Invalsi, una parte della quale dedicata alle strategie e alle pratiche didattiche in aula.

Il progetto – seguito per la Fondazione Agnelli da Gerard Ferrer-Esteban, ora ricercatore della Universitat Autònoma de Barcelona – ha portato a osservare direttamente nelle classi il lavoro didattico quotidiano di un campione rappresentativo di oltre 1600 insegnanti di italiano e matematica (di ruolo e supplenti annuali) nelle scuole primarie e medie di 207 istituti comprensivi in tutto il Paese.

In ogni istituto comprensivo sono state selezionate due classi di V primaria e due classi di I secondaria di primo grado. L’osservazione è stata condotta su una lezione di due ore di italiano (ambito linguisticoantropologico per la primaria) e su una di due ore di matematica (ambito matematico scientifico per la primaria). Ciascun insegnante è stato osservato in tre momenti successivi da differenti coppie di osservatori, secondo una specifica griglia costruita a partire da un’analisi della letteratura nazionale e internazionale sulle pratiche didattiche e educative più utili per il processo di apprendimento degli studenti in classe.

Per attenuarne la soggettività, i 188 osservatori hanno ricevuto una specifica formazione da parte di Invalsi e Fondazione Agnelli per allineare al massimo i loro criteri di giudizio. Alle osservazioni, svolte nel  corso del 2014, è seguito un lungo e complesso lavoro di elaborazione e interpretazione dei dati.

L’attenzione è andata in primo luogo alle strategie e alle pratiche didattiche, secondo quattro indicatori: l’insegnamento strutturato, le tecniche di interrogazione e discussione, le strategie per sostenere l’apprendimento, il monitoraggio e la valutazione. Sono state, inoltre, osservate – e queste ulteriori sezioni della ricerca verranno presentate in seguito – le modalità di gestione della classe da parte degli insegnanti (gestione del tempo, delle regole e organizzazione dello spazio di apprendimento); quelle di supporto, aiuto e guida agli studenti (in che misura i processi di insegnamento rispondano a criteri di inclusione e uguaglianza di trattamento degli studenti), il clima di classe e la qualità delle relazioni al suo interno come fattore per migliorare gli apprendimenti.

Più del 23% degli insegnanti osservati possiede ottime capacità di spiegare in modo strutturato, ossia di svolgere al meglio la tradizionale lezione trasmissiva dalla cattedra, che invece viene svolta in modo inadeguato da circa il 17% dei docenti, con il restante 60% che si colloca a un livello medio. Quasi il 30% è, invece, particolarmente efficace nell’integrare le spiegazioni con la proposta agli studenti di attività di apprendimento ben strutturate – individuali o di gruppo – con anche l’utilizzo articolato di materiali e strumenti didattici (device digitali, risorse laboratoriali) che permettano loro di elaborare il sapere in modo attivo. Mentre il 13% mostra su questo fronte deficit preoccupanti, anche qui quasi il 60% dei docenti si colloca in una sorta di grande “area grigia”, svolgendo le proprie pratiche didattiche in modo
complessivamente adeguato, ma con importanti margini miglioramento.

Se gli insegnanti di matematica risultano mediamente più efficaci dei loro colleghi di italiano (33% vs 25%), va sottolineato come gli insegnanti di scuola primaria risultano mediamente più virtuosi dei professori delle medie: il 34% si colloca nella fascia di eccellenza nel fornire agli allievi indicazioni sulle strategie e i metodi da seguire (9% in più delle medie, dove si fermano al 25%). Anche nei livelli bassi i risultati sono migliori per la scuola primaria: i dati suggeriscono che c’è un 5% in meno di insegnanti di scuola primaria che risulta inadeguato rispetto alla scuola media (rispettivamente 11% e 16%).

«I risultati più confortanti che vengono dagli insegnanti di scuola primaria – ha chiosato Andrea Gavosto – possono avere diverse spiegazioni. Ma è ragionevole pensare che dipendano anche da un diverso percorso di formazione, che dà maggiore rilievo alle conoscenze e competenze didattiche. Come sappiamo, invece, in Italia ai professori delle scuole medie e anche a quelli delle superiori è stata sempre
e soltanto richiesta una buona conoscenza della disciplina, mentre poca attenzione è stata data alla formazione didattica, oggi ridotta veramente ai minimi termini. Un errore ripetuto, che anche nei mesi di lezione a distanza durante la pandemia ha avuto effetti negativi. Un’anomalia italiana che colpevolmente continua a ostacolare i nostri studenti nello sforzo di colmare i divari di apprendimento che li separano da tanti loro coetanei in Europa e nel mondo».