Orario di lavoro dei docenti, l’esperienza di un prof di scienze

Sul tema dell’orario di lavoro degli insegnanti e dei relativi carichi di lavoro, su cui molti lettori ci stanno scrivendo (si vedano i precedenti contributi Orario di lavoro dei professori, avete scritto a Tuttoscuola… e Quantificazione del lavoro dei prof, i lettori ne discutono…), ci ha scritto una lunga email una docente di scienze.

Il messaggio di posta elettronica, firmato, parla dei compiti propri di chi insegna questo tipo di materia, e si estende a considerazioni sulle attività di laboratorio e sui cosiddetti “privilegi” degli insegnanti.

Invitiamo i lettori che vogliono commentare o inviare nuovi spunti di discussione, a scriverci come di consueto a botta_e_risposta@tuttoscuola.com.

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Ho letto il calcolo delle ore annue di lavoro di un docente elaborato da docenti di una Scuola Media. Anch’io ci ho insegnato e so che non è una passeggiata: posso testimoniare che il loro conteggio è davvero “al minimo”. Ma vorrei esporre la situazione dei docenti di Scienze nei licei.

18 anni fa insegnavo al “glorioso” Istituto Magistrale, che in 4 anni dava una cultura niente male. Le classi erano di 20-25 ragazzi e gli studenti  arrivavano dalla scuola dell’obbligo con basi un po’ più solide rispetto ad oggi. Avevo 6 classi, in media 120-130 alunni, e mi sembravano tanti! Ma con 3 ore a settimana si riusciva a lavorare dignitosamente. In verità, all’epoca, i contenuti erano forse la metà di quelli che si dovrebbero avere oggi (non dico da specialisti, ma da cittadini): biotecnologie, genomica, proteomica, epigenetica, neuroscienze, bioetica, teoria dei sistemi erano ai primi passi e le loro ricadute sulla società erano ancora minime.

Mi ha sorpreso, infatti, che nel conteggio fatto dalle colleghe non figuri neanche un’ora di aggiornamento. Per materie come la mia, l’aggiornamento comporta ogni anno almeno due o tre corsi “ufficiali” organizzati fuori orario di lezione, spesso fuori sede (a dir poco 20 ore l’anno, più gli spostamenti, non retribuite ed  a spese proprie) ma occupa anche gran parte delle sospirate “vacanze”:  durante l’anno c’è troppo da fare per permettersi di studiare! Certo, c’è la molla della passione, sennò chi ce lo farebbe fare, ma  a volte prevale un senso di fatica e di sconforto, perché le discipline sono troppe (fisica, chimica, biologia, geologia, astrofisica, tecnologia, ecc.) e non si può amare allo stesso modo tutto ciò che “dobbiamo” conoscere, né è possibile seguire in tempo reale lo sviluppo esplosivo del sapere scientifico. Soprattutto in campi come questo, il ricambio generazionale dovrebbe essere favorito: non oso pensare come sarò tra 10 anni, visto che continuamente si aggiungono nuovi “capitoli” e la mente con l’età si appanna…

Ora la “riforma” Gelmini ci ha lasciato appena 2 ore a settimana per classe: in altre parole, 9 classi da 30 e più ragazzi (escluso il Liceo Scientifico, dove c’è qualche ora in più).  A regime, avrò quasi 300 alunni all’anno! Le verifiche, inevitabilmente, sono quasi solo con prove scritte: in due mesi ho già corretto almeno 300 compiti. Stamattina ho iniziato a correggere un “pacco” da 35 (di una sola classe!), tabulando i dati su un foglio Excell: ho impiegato mediamente 22 minuti a compito.

Il colmo dell’ironia è che le nuove “Indicazioni nazionali”, oltre a imporre un mix di discipline con scansioni  fumose ed illogiche (comunque vincolanti , vista la minaccia di “valutare” il nostro operato in base a test sui ragazzi), raccomandano anche l’adozione dell’ “approccio sperimentale” in scuole in cui assistenti tecnici e laboratori mancano, ma in compenso non mancano “classi-pollaio”. Personalmente, sono autolesionista:  amo troppo la didattica laboratoriale e rischio in prima persona, facendo esperimenti persino nelle condizioni più improbabili. Ma preparare e realizzare un’attività di laboratorio comporta un lavoro aggiuntivo almeno doppio rispetto a quello della lezione frontale (per capirci: per un’ora in laboratorio, due di preparazione). Se poi si fanno anche fare relazioni scritte ai ragazzi, si tocca il masochismo, perché la loro correzione è lunga e faticosa.

I miei studenti tornati dall’estero e i colleghi stranieri incontrati negli scambi culturali raccontano che nel resto d’Europa non funziona così: magari le classi sono numerose, ma ai laboratori si accede a piccoli  gruppi, seguiti da personale addetto:  le Scienze non si fanno in aula! In Francia o in Germania  il monte-ore è di solito un’ora o due al giorno (NON a settimana!), alternando Chimica-Fisica e Scienze Naturali con docenti specialisti di ciascun ambito.

Il calcolo fatto dalle docenti di Milano si riferisce a colleghi, dal mio punto di vista, privilegiati: appena 3 classi, al massimo 100 alunni! Nel mio caso, sento di avere un ruolo non di educatore, ma di “erogatore” di contenuti e prove, in bilico tra le troppe cose da fare e la necessità di mettere  voti. L’aspetto relazionale passa in secondo piano: ho l’impressione di non conoscere abbastanza i ragazzi, e che anche loro abbiano di me un’idea falsata. Credo che per noi docenti di Scienze, ridotti ad avere lo stesso “peso” didattico dell’Educazione Fisica, ma tanti carichi in più, il conteggio delle ore di lavoro effettivo oltre alle lezioni sia ben maggiore di quanto pubblicato sul Corriere (a dir poco, un 50% in più).  I colloqui con i genitori, ad esempio, vanno ben oltre il limite prestabilito:  tanti studenti significano inevitabilmente molti casi di ragazzi con problemi personali, oggettivamente pesanti da affrontare, anche come impatto emotivo da parte nostra.

Al conteggio delle ore annue nelle Scuole superiori  va aggiunto l’Esame di Stato che si svolge fino a metà luglio (con un misero gettone che non compensa certo lo stress psico-fisico di un superlavoro a fine anno, in condizioni spesso “infernali”) più corsi di recupero, prove di verifica e scrutini di settembre per i “sospesi nel giudizio”. Anche questo all’estero non c’è: in Germania, ad esempio, le prove d’esame si svolgono nel corso dell’anno. In alcuni Paesi, chi non va bene in qualche materia “ripete” il semestre o l’anno solo parzialmente e intanto va avanti nelle altre discipline…

Ogni scrutinio in origine richiedeva da 30 a 60 minuti a classe. Ora il tempo è per lo meno raddoppiato: oltre a decidere i voti,  bisogna valutare e verbalizzare crediti scolastici ed extrascolastici, stabilire se attivare corsi di recupero…  ma che cosa importa? Essendo “atto dovuto”, l’aumento di lavoro non è mai stato  in nessun modo riconosciuto né indennizzato. Certo, come giustamente notano le colleghe, per parlare di scuola bisognerebbe conoscerla dal di dentro…!

Quando ho saputo che il ministro Profumo  parlava di aumentare il carico didattico di “appena” 6 ore, dapprima non volevo crederci, poi ho cominciato a calcolare mentalmente quanti ulteriori studenti, compiti, problemi ciò poteva significare per me. Ho anche pensato alla fuga: non mancherebbero motivi sufficienti a farmi pensionare in anticipo per salute oppure declassare ad “inidonea”, barattando una riduzione del già magro stipendio con un lavoro a orario “normale”, finito il quale non ci sia niente da portare a casa. Poi l’allarme è (per ora) rientrato.

Ma aver sentito il Presidente Monti in persona accusarci di corporativismo e di conservatorismo è stato un duro colpo: gli insegnanti, per definizione, coltivano il cambiamento e l’innovazione e coi nostri stipendi… parlare di privilegi fa solo ridere!

Questa “crociata” che ci dipinge come una casta di fannulloni privilegiati, oltre che ingiusta e offensiva, mi pare riconducibile ad una  strategia più ampia, tendente ad affossare  ancor più la scuola pubblica (mentre quella privata, frequentata da ricchi e da fannulloni, viene ancora lautamente finanziata dallo Stato, in barba alla Costituzione) e a distrarre l’attenzione dell’opinione pubblica da ben altre “caste”, prima fra tutte quella dei “Professori Universitari” di cui è composto il Governo e gran parte del Parlamento.

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