Ocse-Pisa/6. Qualche polemica di troppo

Forse sarà stato un po’ sopra le righe l’entusiasmo con il quale il ministro Gelmini ha accolto i risultati ottenuti dagli studenti italiani nella edizione 2009 della ricerca Ocse-Pisa (“risultato eccezionale”, “in questi anni si è investito sulla valutazione degli apprendimenti e ora i risultati ci premiano”), ma non è sembrata da meno anche la dichiarazione della responsabile scuola della segreteria Pd, Francesca Puglisi, di “appropriarsi di risultati evidentemente non suoi”.

Se i toni fossero meno concitati, quasi da campagna preelettorale, si vedrebbe che ambedue le contendenti hanno una parte di ragione. Gelmini ha fatto della serietà e del merito la sua bandiera, e ha molto spinto sul tema cruciale della valutazione, ma è anche vero che è stata in questo facilitata dall’azione svolta dal suo predecessore Fioroni (maturità più severa, soppressione degli infausti ‘debiti’ scolastici), la cui azione si è sviluppata per due dei tre anni intercorsi tra la rilevazione Ocse del 2006 e questa del 2009. Puglisi ha ragione nel sostenere che è difficile attribuire all’azione del ministro, in carica da meno di un anno quando furono somministrate le prove (aprile 2009), i miglioramenti rilevati, ma apparentemente non valuta abbastanza il fatto che il miglioramento della media italiana si deve soprattutto ai progressi verificatisi nelle regioni del Sud (la Puglia in lettura è di tre punti sopra la media nazionale).

Puglisi batte sul tasto del tempo pieno (“Le Regioni dove i risultati sugli apprendimenti sono migliori sono infatti quelle dove è stata garantita e potenziata una rete di servizi educativi fin da tenera età, da 0 a 6 anni, e dove è più diffuso il tempo pieno”), ma Gelmini potrebbe replicare che i risultati migliori li ottengono le regioni Lombardia (in testa alla classifica) e Veneto, amministrate dal centro-destra.

In generale, non è esaltante che di fronte a risultati che comunque sono negativi rispetto agli altri paesi (in Francia e in Inghilterra si è diffusa una notevole preoccupazione a fronte di risultati migliori dei nostri) ci siano commenti e tentativi di appropriazione di minuscoli “recuperi” rispetto alle edizioni precedenti. La verità è che i processi formativi hanno tempi di evoluzione medio-lunghi, e che solo una strategia innovativa di medio-lungo periodo, possibilmente condivisa nelle sue linee di fondo a prescindere da chi governa, potrebbe affrontare il problema di fondo della scuola italiana: la sua profonda, drammatica iniquità.