Nuova Maturità/3. E se i commissari fossero tutti interni?

Un’alternativa radicale al modello gentiliano è quella proposta da Laura Biancato, già dirigente scolastica di grande esperienza (da pochi giorni in pensione) ed esperta tra i più autorevoli di didattica digitale, che in un argomentato articolo inviato a Tuttoscuola, con molti riferimenti internazionali (che si può leggere integralmente cliccando qui), propone di fare l’esatto contrario della riforma Gentile, che prevedeva commissioni d’esame di soli commissari (e presidente) esterni, avanzando una proposta articolata in estrema sintesi (ma invitiamo a leggere il testo completo) nei seguenti tre punti:

  1. Commissione tutta interna con presidente esterno: “chi conosce i ragazzi li valuta, chi garantisce terzietà vigila”.
  2. Prove: due prove scritte, una prima nazionale di italiano, per verificare le competenze linguistiche, argomentative e critiche, ma con attenzione a differenziare le tracce a seconda del percorso di studi; una seconda di indirizzo, per testare le competenze specifiche del profilo in uscita. In tutti i casi, possibilità di utilizzare la scrittura digitale e strumenti idonei alle competenze da dimostrare. Una sola prova orale, costituita da un colloquio centrato sul “capolavoro” dello studente e capace di intrecciare i saperi disciplinari con le competenze trasversali. Non interrogazioni in sequenza, ma un confronto che faccia emergere anche le competenze non cognitive.
  3. Crediti. Occorre dare più peso al percorso che alla performance finale: cinque anni devono contare più di pochi giorni. Invertire i crediti (60 punti al percorso e 40 all’esame) sarebbe la soluzione più sensata.

Secondo Biancato solo una vera riforma della maturità è in grado di restituirle il suo senso: “non un ostacolo burocratico, non una somma di frammenti disciplinari, ma un passaggio che valorizza il percorso, responsabilizza i docenti e mette al centro gli studenti. Tutto il resto rischia di restare maquillage normativo”. E solo così, conclude l’autrice, “l’esame tornerebbe a essere ciò che promette il suo nome: una prova di maturità, non un rito burocratico”.

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