Nella scuola può crescere una nuova armonia tra maschile e femminile

In tanti modi, non sempre profondi, la nostra società si interroga su quale sia un equilibrio giusto che vada a fondo dei nodi irrisolti su tematiche profonde e delicate che non riguardano solo i fenomeni di violenza nelle sue forme più diverse ma un più complessivo equilibrio tanto nella sfera affettiva che in quella sociale, nel mondo del lavoro e nei rapporti interpersonali, nella dimensione dei servizi ma prima ancora in quella dei diritti e dei doveri, della percezione di sé e degli altri, della cultura della differenza.

Tanto, troppo, e spesso a sproposito si è discusso di una famigerata teoria del gender che non si è capito bene con quale strategia e obiettivi si insinuerebbe nelle nostre scuole. Più seriamente e con minor eco si sta provando a ragionare di educazione all’affettività. Ma senza voler caricare in alcun modo ulteriori oneri a una scuola che sempre di più ne riceve in termini di aspettativa, è proprio questo il luogo di crescita delle relazioni sociali che determinerà un cambio di equilibri che può portare tanto alla risoluzione dei conflitti esplosivi quanto a una nuova idea pubblica, sociale, di riconoscimento delle differenze come un valore, di una società meno omologante e meno competitiva anche nel rapporto tra maschile e femminile, sempre a vantaggio del primo sul secondo.

Il mondo dell’arte e della cultura propone sempre di più modelli differenti, nel cinema, nella musica, nella narrativa ma anche nella saggistica e nella storiografia emergono nuove figure e nuovi equilibri. Si inizia a riconoscere nei tempi di vita, nel lavoro di cura, nei modelli lavorativi il valore differenza e la necessità di cambiare per non schiacciare il femminile sotto il peso che tradizione e organizzazione sociale gli hanno caricato e che si è andato via via complicando e non semplificando con le conquiste e l’emancipazione che dal primo dopoguerra in avanti si sono via via sviluppate. 

Perché la parità sia tale e non un aggravamento delle disparità, un raddoppio dei carichi, un motore di conflitti e un ancor più pericoloso terreno di cancellazione delle differenze attraverso l’adeguamento ai modelli, agli schemi, alle forme dominanti del maschile, serve costruire nuovi modelli di relazione, di interazione, e dare stimoli culturali che rompano gli stereotipi e facciano vivere nel modo più pieno le caratteristiche di ciascuno. 

La scuola è il luogo privilegiato di questa enorme sfida sociale e culturale, un luogo che, pur coinvolgendo le famiglie di origine, mitighi le diverse estrazioni sociali e culturali, permetta la sperimentazione nelle relazioni di gruppo di una diversa forma di rispetto e di riconoscimento.

Non solo di pari opportunità, ma di pari dignità e persino di disparità laddove necessario, perché anche in questo contesto “non vi è nulla di più sbagliato che far parti uguali tra diseguali”.

Questa responsabilità chiama a raccolta le coscienze professionali degli educatori ma chiede un più complessivo lavoro di tutti, politica, cultura, organizzazioni dei lavoratori, studenti, nel riflettere e nel riconoscere questa come una delle sfide educative centrali del prossimo futuro.

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