Edgar Morin, ancora un momento…

All’età di 102 anni compiuti (saranno 103 il prossimo 8 luglio) Edgar Morin aggiunge un ultimo libro (che certamente non sarà l’ultimo se la sorte gli consentirà di vivere “ancora un momento”, come scrive nel titolo e in apertura del volume) alla sua sterminata bibliografia, che copre un arco di tempo che va dal 1946 a oggi e una vasta gamma di tematiche, affrontate con differenti criteri metodologici e linguaggi, che hanno fatto di lui uno dei più importanti filosofi e sociologhi (ma anche politologi, giornalisti, critici cin/ematografici) del nostro tempo.

L’opera, come tutti i suoi lavori più recenti, è stata tempestivamente tradotta in italiano e pubblicata dalla casa editrice Cortina in una versione (dovuta a Rosella Prezzo) che rende bene l’eleganza e la nitida trasparenza della lingua originale, che colloca Morin accanto agli autori francesi (dal suo amato Montaigne a Voltaire per giungere nel Novecento a Raymond Aron) che hanno saputo applicare alla lingua in criterio della clarté teorizzato da Cartesio (Edgar Morin, Ancora un momento, Raffaello Cortina Editore, 2024).

Il titolo prende lo spunto dalle parole rivolte nel 1793 dalla contessa Du Barry al boia davanti alla ghigliottina (“Ancora un momento, signor boia”) per chiedere alla sorte ancora un po’ di tempo per “cogliere quello che si sta delineando” nell’attuale fase di “enormi crisi” attraversata dall’umanità. Vorrebbe non “andarsene in piena suspense storica”, anche se teme “un lungo periodo di regressione”. Lo teme ma non lo dà per certo perché la storia dell’umanità dimostra che “l’improbabile può modificare tutto, in meglio come in peggio” (pag. 16).

Il sottotitolo (“Testi personali, politici, sociologici, filosofici e letterari”) evidenzia la struttura composita di questo libro, che raccoglie scritti, alcuni recentissimi come quelli iniziali e la postfazione a un libro di Emmanuel Lemieux sulla Resistenza del 2023. Altri di periodi diversi, compresa in appendice (pp. 149-156) una inedita e assolutamente divertente parodia del XX Congresso del partito comunista, scritta nel 1956, che la rivista France-Observateur, alla quale collaborava, non aveva osato pubblicare per il suo carattere dissacratorio e violentemente anticomunista, intitolata “Il compagno-Dio” (Morin, iscritto al partito comunista nel 1941, ne era stato espulso nel 1951 a causa del suo antistalinismo).

Naturalmente anche questa opera si ispira al noto paradigma della “complessità”, concetto e metodo che, applicato alle scienze umane e all’educazione – uno dei principali interessi di questo autore – consente di cogliere l’interazione tra i diversi elementi che spiegano l’agire dell’homo sapiens-demens, elementi che l’iperspecializzazione delle discipline accademiche che li studiano hanno finito per isolare l’uno dall’altro, ma che solo ricomponendoli in uno sguardo unitario possono portare a un  piena e autentica comprensione.

© RIPRODUZIONE RISERVATA