Nel Mezzogiorno quasi 108 mila alunni in meno in cinque anni

Con le manovre di razionalizzazione degli organici, targate Tremonti e Gelmini, si sono ridotti gli organici dei docenti: tagli lineari che hanno riguardato tutti i territori e tutti i settori (esclusi il sostegno e la scuola dell’infanzia).

Ma quei tagli, intervenendo sugli organici e sulle classi, non potevano frenare le dinamiche demografiche, in calo o in aumento, che vi sono state in questo periodo. E quelle dinamiche, negative o positive, hanno inciso su quei tagli accentuandoli o attenuandoli; poi, finito l’effetto triennale dei tagli, hanno continuato a incidere sul numero delle classi (e dei docenti).

Ad esempio, dal 2009-10 a quest’anno scolastico le regioni del Sud hanno perso complessivamente più di 70 mila alunni (esattamente 70.376), mentre nel medesimo periodo le regioni del Nord Ovest incrementavano il numero degli alunni di una quantità pressoché uguale (70.782).

24mila alunni in meno nella Campania, 20 mila in meno in Puglia e 31 mila in meno in Sicilia.

Sul fronte opposto la Lombardia ha avuto oltre 51 mila in più, l’Emilia Romagna 31mila, la Toscana quasi 21 mila.

Ma, mentre per effetto di quel calo demografico nelle regioni del Sud sono state soppresse 4.175 classi (mediamente una classe ogni 17 alunni in meno), nelle regioni del Nord Ovest, invece di costituire, in proporzione, 4.200/4.300 nuove classi, ne hanno aperte soltanto 727, facendo aumentare il numero medio di alunni per classe.

Anche le Isole hanno subito in quel periodo un certo salasso demografico: 37.348 alunni in meno.

Conseguentemente hanno subito la chiusura di quasi duemila classi: una classe quasi ogni 19 alunni in meno. Le regioni centrali hanno avuto quasi 36 mila alunni in più (circa come le Isole), ma hanno ricevuto soltanto 38 classi in più, anziché le 1.700/1.800 nuove che, in proporzione, avrebbero dovuto ricevere.