Ma l’autonomia consente di anticipare la riforma nella primaria?/1

Nelle dichiarazioni formali sindacati e Ministero dell’istruzione si sono sempre trovati in linea nel considerare l’autonomia scolastica un valore costituzionalmente riconosciuto e una risorsa per il cambiamento, ma quando si tratta di attivarla concretamente nei riguardi della riforma prevista dalla legge 53/2003, le posizioni divergono radicalmente.
Qualsiasi proposta che utilizza il lessico della riforma (tutor, portfolio, laboratorio, ecc.) è considerata dai sindacati sinonimo di attuazione irregolare della legge in assenza dei decreti legislativi di attuazione. L’invito alle scuole di utilizzare l’autonomia didattica ed organizzativa per accogliere tali proposte diventerebbe una forma capziosa per far passare surrettiziamente la riforma.
Dal canto suo il ministero, visti i tempi lunghi per la formalizzazione dei decreti attuativi, cerca di utilizzare il più possibile gli spazi offerti dalle situazioni normative attuali per avviare i processi di riforma, confidando sull’adesione degli istituti.
Ma le scuole (soprattutto quelle del settore primario), prese tra l’incudine e il martello, cosa possono e cosa non possono fare? Proviamo a fornire qualche elemento di riflessione, spetterà ovviamente alle singole scuole la decisione.