Ma la violenza no. Mai

Sarebbe un fatto estremamente positivo che gli organizzatori dei vari gruppi che confluiscono nella manifestazione dessero la dimostrazione di saper controllare e prevenire le violenze (si parla anche di punti di riunione decisi al momento, ovviamente non autorizzati): ne guadagnerebbero l’agibilità democratica del centro storico di Roma e la stessa credibilità dello schieramento politico-sociale di opposizione come alternativa all’attuale governo”.

Così scriveva Tuttoscuola.com la sera dello scorso 13 dicembre, alla vigilia dell’annunciata giornata di protesta contro la riforma Gelmini dell’università, coincidente con l’altrettanto annunciata (da un mese) votazione sulla fiducia al governo Berlusconi.

Purtroppo le cose non sono andate come auspicato da Tuttoscuola e da tutti coloro che vorrebbero conciliare la salvaguardia dell’istituto democratico delle manifestazioni di piazza con il rispetto delle istituzioni, delle regole di convivenza civile, e infine anche della città di Roma.

Così ne sono usciti tutti sconfitti, primi tra tutti i manifestanti pacifici, che hanno visto la loro iniziativa cancellata mediaticamente dalla violenza di piccole minoranze che essi comunque, pur essendo in grande maggioranza, hanno dimostrato di non saper controllare.

In secondo luogo tutti coloro che credono che la democrazia consista in un equilibrio tra il principio di rappresentanza (che si esprime attraverso l’elezione di Parlamenti pluralisti) e la libertà di espressione – e manifestazione – nel rispetto però del ruolo delle istituzioni (Parlamento e governo). In terzo luogo i partiti e movimenti politici che non hanno preso le distanze dall’ambiguo concetto di ‘sfiducia sociale’, forse cemento unificante della manifestazione ma anche alternativa alla ‘sfiducia parlamentare’, l’unica prevista in un regime democratico pluripartitico.