Le vacanze lunghe danneggiano i più deboli

Un documentato articolo pubblicato sulla rivista online lavoce.info sostiene, sulla base di una serie di dati, che la riduzione della durata delle vacanze estive (ventilata qualche mese fa contestualmente alla proposta di aumentare a 24 ore l’orario settimanale degli insegnanti secondari) potrebbe aiutare le famiglie meno abbienti e migliorare l’istruzione dei loro figli, riducendo i divari di apprendimento provocati dalla lunga interruzione estiva.

In Italia gli studenti stanno a scuola per un numero di ore superiore a quello della maggior parte dei Paesi Ocse. In compenso fanno vacanze estive tra le più lunghe. E questo danneggerebbe soprattutto quelli di loro che appartengono a famiglie sfavorite dal punto di vista economico e sociale, impossibilitate a seguirli (o a farli seguire) adeguatamente.

Gli autori dell’articolo fanno riferimento in particolare a uno studio di Victor Lavy, che ha analizzato l’impatto del numero di ore previste dal calendario scolastico sui livelli di apprendimento dei ragazzi di 15 anni in circa cinquanta Paesi che hanno partecipato ai test Pisa dell’Ocse. Lo studio mostra che l’effetto di un maggior numero di ore scolastiche è positivo soprattutto per gli alunni con basso status socioeconomico e per gli immigrati. Anche altre ricerche condotte negli USA, dove le vacanze estive sono particolarmente lunghe (e il calendario scolastico più leggero), confermano che a essere maggiormente danneggiati dalla sospensione delle lezioni sono gli allievi delle famiglie svantaggiate, che hanno minori stimoli e opportunità.

Un riequilibrio del calendario in direzione della riduzione della lunga pausa estiva, magari bilanciata dall’allungamento di altre vacanze (non quelle natalizie, già sufficientemente lunghe), andrebbe a vantaggio con ogni probabilità, anche in Italia, degli alunni di queste famiglie. Ma i sindacati, come si è visto, resistono a questa eventualità, anche perché allo stato attuale all’aumento delle ore lavorate d’estate non corrisponderebbe, miopemente, alcun beneficio economico. Eppure la questione si pone, ed è di primaria importanza soprattutto sul versante dell’equità del nostro sistema educativo.