Le scuole a tempo pieno assicurano migliori livelli di apprendimento?

La difficile equazione del PD: più tempo scuola = più qualità degli apprendimenti

Il tempo pieno nella scuola elementare e il tempo prolungato nella scuola media assicurano competenze e livelli di apprendimento migliori per gli alunni che li frequentano?

Ne è certa Francesca Puglisi, responsabile Scuola della segreteria del Pd che, prendendo spunto dal Rapporto dell’Invalsi sulla prova scritta nazionale per l’esame di licenza, ritiene che il divario registrato ancora una volta tra nord e sud, abbia una delle sue ragioni proprio nella politica scolastica di quelle regioni in cui è più alto l’investimento in educazione sin dalla tenera età e laddove è più diffuso il modello educativo del tempo pieno con le compresenze.

Per la Puglisi i provvedimenti del Governo che impongono in tutt’Italia il maestro unico enciclopedico e un generalizzato taglio del tempo scuola tanto alla primaria, quanto nella secondaria di primo grado (meno ore di italiano, meno matematica, con l’azzeramento di ogni esperienza di tempo prolungato), non farà che aggravare la situazione, accentuando i divari tra nord e sud del Paese e non consentendo nemmeno il recupero delle carenze in grammatica e geometria degli studenti italiani messe in luce dal Rapporto dell’Invalsi.

Dal Rapporto sugli esiti della prova nazionale non emerge in modo assoluto un rapporto tra risultati brillanti degli alunni e presenza di un maggior tempo scuola nelle strutture frequentate. Non è insomma dimostrato che la maggior quantità di tempo trascorso a scuola produca generalmente più elevati livelli di competenza.

Sarebbe molto interessante che proprio l’Invalsi, l’istituto deputato alla valutazione del sistema scolastico italiano, cercasse l’eventuale nesso causale tra i livelli di apprendimento raggiunti e il tempo scuola frequentato dagli alunni. A cominciare, se sono già disponibili questi dati nelle scuole campione, dal Rapporto pubblicato ieri (www.invalsi.it).