#LaScuolaNonSiFerma: ripartire da un progetto educativo

Di Teresa Madeo

L’emergenza Coronavirus ha sconvolto le nostre abitudini, ha messo concretamente in dubbio le nostre certezze implicite al mondo dell’Istruzione. Per evitare il collasso della Scuola, del sapere e della conoscenza è indispensabile una profonda trasformazione dei modelli culturali dominanti e credo che questo cambiamento debba puntare sulla formazione: la Scuola intesa come “educazione” deve diventare il faro della nuova civiltà dell’uomo. 

Ma qual è la vera vocazione e la concreta missione della scuola?

La scuola secondo me non deve dimenticare il suo importante ruolo culturale e sociale: puntando dunque a recuperare la sua forza, deve continuare ad essere “la fontana del villaggio” alla quale tutti ricorrono per placare la sete. Perché ciò accada, deve innestarsi nelle concrete problematiche del tempo in cui si svolge la vita degli alunni. Pertanto, in questa particolare situazione in cui le possibilità di un rientro sono “ridotte al lumicino”, la scuola deve ripartire da un progetto educativo, da un programma formativo che prenda atto della grave crisi che stiamo attraversando e il cui obiettivo principale, indipendentemente dal tipo di intervento, in presenza o a distanza, sia l’incontro costante, vivo e vitale con la persona.

Il rischio di un fallimento anche parziale è sempre in agguato, ma chiara è anche la luce di una prospettiva: la didattica a distanza, con tutte le sue potenzialità e criticità e diventata ormai obbligatoria, prospetta l’idea di una scuola senza più confini delimitati da mura, che vive diluendosi nelle diverse comunità familiari. Ovviamente, non si tratta di superare “l’istituzione scuola”, che è e rimane essenziale nell’organizzazione della vita sociale, ma di riconoscere che si può contribuire allo sviluppo della cultura anche fuori di una struttura tangibile. Come ex-docente di scuola secondaria di secondo grado, utilizzata sui progetti nazionali, ora impegnata in azioni a supporto (Ref. USR Toscana Task Force protezione civile Ministero Istruzione) della didattica ho sentito la forza di questa spinta all’innovazione promossa e richiesta dalla Didattica a distanza. Ho visto da subito una collaborazione attiva su più fronti, quella interna all’Ufficio stesso, che ha immediatamente fatto proposte per studiare insieme soluzioni, in primis rispondendo all’esigenza di formazione dei docenti che non volevano, di fronte all’emergenza, farsi trovare impreparati e quella di scambio con le risorse della scuola.

Si è subito puntato su Metodologie e “buone pratiche”, innescando un circolo virtuoso che ha coinvolto Dirigenti e docenti. La partecipazione accorata degli insegnanti dei vari ordini di scuola ai momenti di formazione proposti dalla Dad Usr Toscana ha mostrato che non è possibile innovazione senza adeguata formazione. In un certo senso più che innovazione stiamo tutti percependo, lo confermo, che bisogna ripensare la Metodologia didattica sulla base delle modalità ricettive degli alunni e che ormai quindi la Dad aggiunge un valore finora poco considerato dalla scuola trasmissiva, portando definitivamente ad una grande rivoluzione di senso, dove al centro ci sono i modi e i progressi dell’alunno, dove ogni docente deve rimettersi in gioco, studiando soluzioni. Una speciale attenzione ed uno straordinario impegno sono dunque richiesti per affrontare questa grande sfida legata alla pandemia, che mette in serio pericolo vasti settori della grande famiglia umana e della comunità educante in particolare. Pertanto, va considerata la capacità di avvertire la scuola e i docenti come un bene insostituibile e sostenibile, capace di valorizzare la fraternità, promuovere la responsabilità, l’impegno e la reciprocità.

Ancora una volta considero la necessità di operare un rinnovamento di mentalità che tenga conto di questa nuova modalità operativa come una risorsa fondamentale, un’opportunità, un modo come un altro per creare cultura, dove ciascuno si impegna a formare il capitale sociale, quale antidoto ad un mondo che fa fatica a rendersi conto della necessità di una conversione globale dell’intera comunità educante. L’attuale crisi sanitaria, educativa ed economica senza precedenti sono il segno inequivocabile di uno squilibrio insito nella globalizzazione, che mostra quanto sia importante considerare l’interdipendenza delle conoscenze, delle coscienze e delle intelligenze come uno strumento indispensabile per orientare famiglie, docenti e alunni verso il bene comune. Per questo la scuola, come già sta facendo, deve riprogrammare, riprogettare e rintracciare un nuovo percorso che, sul piano cognitivo e didattico, metta al primo posto il “prendersi cura”. Ed è proprio entro questo percorso, in questa capacità di mettere in atto il cammino comune del “I care” che si inserisce la decentralizzazione del rapporto e del dialogo educativo. La bellezza dell’incontro e della relazione diretta con l’altro, anche attraverso incontri virtuali, con famiglie che possono concretamente assistere a questo fondamentale e inesprimibile rapporto docente-alunno, invita a progettare ed a costruire dal basso, spinge alla cooperazione, stimola la partecipazione e può essere la chiave per prender parte, da protagonisti, ad un’idea di scuola che abbia come fulcro una governance fondata sulla collaborazione decentrata, punto di forza per una scuola nuova e propositiva. 

“Non curare la Scuola è come dimentica di annaffiare l’orto o di rifare il letto, è una forma di sciatteria depressiva, un torto che si fa al presente e un sabotaggio in piena regola del futuro” (Michele Serra).

*Professoressa IIS CELLINI Fi, Docente utilizzata su Progetti Nazionali presso USR Toscana