La scuola in Irak/2: ma gli USA vogliono cambiarla

Americanizzare la scuola irachena, dopo la fine della guerra, o rispettarne, almeno in parte, l’identità e la tradizione, magari sotto l’egida dell’ONU? Echi del dibattito in corso negli USA tra i “falchi” (Rumsfeld, Condoleezza Rice) e le “colombe” della Casa Bianca capitanate dal segretario di Stato Colin Powell (e da Tony Blair, al di qua dell’Atlantico), si avvertono anche nel settore delle politiche educative che l’alleanza occidentale intenderebbe realizzare nell’Iraq del dopo Saddam.
I “falchi” vorrebbero cambiare radicalmente il sistema educativo iracheno, imponendo programmi e metodologie ispirati al modello americano e fondati sulla centralità dell’allievo, la flessibilità dei curricoli, la formazione di atteggiamenti e valori di tipo critico, l’apertura alla ricerca. In tal senso si sta già muovendo la governativa US Agency of International Development, che offre contratti ad esperti e docenti disposti a trasferirsi in Irak per ricostruire su queste nuove basi il sistema educativo irakeno. Così, sostiene l’agenzia, verrebbero tagliate le radici del dogmatismo e dell’integralismo, che sono il brodo di coltura dei regimi assolutisti come quello di Saddam. In questa prospettiva, si stanno già facendo progetti ad hoc, e apprestando materiali didattici.
Le “colombe”, e non pochi accademici, tra i quali spicca John Dower, professore di storia al MIT (Massachusetts Institute of Technology) sostengono invece che occorre premere per una scuola liberata dall’ideologia e dalle materie imposte dal regime (un po’ come si fece in Italia dopo la liberazione), senza però alterare radicalmente l’impianto del sistema educativo: un’impresa giudicata irrealizzabile, e dai costi insostenibili.