La scuola di Mario Draghi

In Italia il reclutamento dei docenti, la loro distribuzione geografica e fra le diverse scuole, i percorsi di carriera sono governati da meccanismi che mescolano, a stadi diversi, precarietà e inamovibilità“, e la mobilità degli insegnanti “ha scarso legame con le esigenze educative, con meriti e capacità“.
Dopo la Confindustria di Montezemolo, a distanza di una sola settimana, un altro dei “poteri forti” del nostro Paese, la Banca d’Italia, ha preso posizione, per bocca del suo governatore Mario Draghi, sull’emergenza della questione scolastica e sulla necessità di farvi fronte con una strategia di ampio respiro. Strategia che dipende e discende largamente da una diversa qualità dell’insegnamento e dell’apprendimento che attualmente, oltre ed essere mediamente scadente, penalizza fortemente i giovani del Sud.
E’ sul versante dell’insegnamento e della valutazione della sua efficacia, prima ancora che su quello delle riforme ordinamentali, che si gioca la partita decisiva. E non si tratta di un problema di risorse finanziarie, ha sottolineato Draghi, visto che la spesa per studente è in Italia più elevata che nella media dei paesi europei.
Già l’anno scorso, nel suo discorso di esordio in qualità di governatore, Mario Draghi aveva posto l’accento sulle carenze e sui ritardi del nostro sistema educativo, ma si era espresso in termini più generali. Nelle “Considerazioni” di quest’anno è sembrato invece puntare il dito sulla priorità della questione insegnante, e lo ha fatto, certamente non a caso, alla vigilia del rinnovo del contratto scuola: ma quanto spazio sarà dato nel nuovo contratto alle capacità e ai meriti degli insegnanti?