La ‘scuola buona’ secondo il CIDI

Anche il CIDI, storica associazione degli ‘insegnanti democratici’, presenta le sue considerazioni sul documento del governo, e non si tratta di elogi, anche se all’inizio si riconosce che “l’aver messo la scuola al centro di una discussione che intende coinvolgere l’intero Paese è un atto di discontinuità col passato che non può passare inosservato”.

Però, dopo aver affermato che “la messa in ruolo di quasi 150.000 precari è una scelta da apprezzare e condividere”, la nota del Cidi prosegue con una serie di osservazioni certamente non benevole.

Un grosso limite del piano del governo è che non emergono con sufficiente chiarezza le priorità da affrontare”, si legge, e soprattutto il fatto che “nel documento è assente la funzione che la Costituzione assegna alla scuola, ossia quella di rimuovere gli ostacoli’ per promuovere l’istruzione di tutti e di ciascuno”.

E poi “Si ignorano la complessità e lo spessore problematico di ogni intervento didattico efficace”, “Si avanzano proposte che appaiono inadeguate di fronte alle difficoltà drammatiche della realtà quotidiana”, “viene prospettata una scuola che non sa immaginare il futuro, unicamente schiacciata sul presente nelle sue forme dominanti della produzione economica e della tecnologia”. In definitiva “manca un’idea di cultura, di apprendimento che deve calarsi nella quotidianità del fare scuola e da cui tutto deve discendere”.

Segue l’elenco delle cose che mancano nel documento del governo. Ne riportiamo i titoli, rinviando per la lettura del testo completo della nota al sito dell’associazione www.cidi.it:

un’affermazione forte sul valore della cultura e dell’istruzione;

una riflessione sulla dispersione e sui modi di apprendere dei ragazzi;

un discorso chiaro sull’organizzazione della scuola elementare;.

la centralità di una buona didattica attraverso l’incentivazione della formazione in servizio;

un rapporto con il mondo del lavoro che non sia un ripiego al ribasso per chi non ce la fa;

qualsiasi riferimento
 alla scuola dell’infanzia.

Particolarmente approfondita è l’analisi del documento governativo che riguarda la funzione docente. Anche qui si parla di “nodi non sciolti”, in relazione alla formazione iniziale (che “non può essere affidata prevalentemente all’università” ignorando il ruolo della scuola e degli “insegnanti esperti”), alla articolazione dell’“organico dell’autonomia” che dovrebbe essere riferita alle scuole per evitare che i nuovi assunti diventino “una sorta di precariato didattico a tempo indeterminato” costituito da “tappabuchi”.

Ma “la parte decisamente più discutibile del documento del governo” è quella che riguarda carriera, crediti e valutazione”. Nel mirino del Cidi sta in particolare la ripartizione dei docenti tra due terzi di ‘meritevoli’ e un terzo di ‘non bravi’ destinati a restare al palo o a “emigrare per assicurarsi l’aumento di 60 euro”: una forma di “liberismo meritocratico (che) appare una delle proposte più francamente risibili del documento”.

Un giudizio severo quello del Cidi, ai limiti della bocciatura.