La Moratti e il consiglio dei ministri: la prima si perdona, la seconda…

Torniamo ai fatti di questi giorni. Una bocciatura dai colleghi ministri il titolare dell’istruzione l’aveva già presa. Ricordate?
Era gennaio, quando il ministro Moratti si presentò in Consiglio dei ministri con la sua proposta di legge delega per la riforma del sistema scolastico: fu inesorabilmente fermata da diversi colleghi, primo tra i quali il ministro Tremonti che pretese di vederci chiaro nei conti.
Altri ministri dell’area cattolica criticarono il merito di alcuni aspetti della proposta e il metodo seguito dal ministro che li aveva di fatto posti di fronte al fatto compiuto.
Quando venerdì scorso il ministro dell’istruzione ha presentato in Consiglio dei ministri la sua nuova proposta di sperimentazione della riforma per aggirare l’ostacolo della mancata approvazione parlamentare, si è trovata di fronte ad un deciso altolà per alcune questioni di merito (Tremonti, mancano i soldi) e di metodo (Giovanardi, non si fanno le riforme senza il Parlamento).
Ci sarebbe da chiedersi come mai queste disavventure capitano solo al responsabile del dicastero dell’istruzione. Evidentemente il complesso e paziente lavoro preparatorio che tradizionalmente caratterizza l’istruttoria di una decisione di natura collegiale è stato affrettato e incompleto e perciò non idoneo a realizzare una condivisione preventiva da parte dei colleghi di governo.
Una domanda che il ministro potrebbe rivolgere al proprio staff politico.

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