La grande crisi della scuola, la denuncia di Ernesto Galli della Loggia

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La grande crisi della scuola” è il titolo di un importante editoriale del Corriere della Sera dello scorso 16 gennaio, firmato da Ernesto Galli della Loggia. Un grande affresco, a tinte forti, sul disastro attuale, scritto con la penna del giornalista, e nello stesso tempo uno sguardo retrospettivo,  da storico come egli è, alle ragioni che l’hanno provocato.

Sulle ragioni (relativamente) recenti Galli non ha dubbi: “Dagli anni Ottanta”, scrive, “i poteri dei ministri sono passati agli esperti, cancellando nei programmi ogni valenza formativa”, così che “per gli alunni, l’insegnamento ora è insignificante”. La classe politica del tempo è responsabile di questa “abdicazione”, che ha fatto venir meno l’apporto della scuola pubblica (che le élites liberali avevano creato, al tempo dell’unità d’Italia, “per sottrarre la formazione dei giovani all’egemonia fin lì esercitata dalla religione e in particolare dalla Chiesa cattolica”) alla costruzione dell’identità nazionale in un Paese che non ne possedeva alcuna e che presentava elevatissimi tassi di analfabetismo.

Una scelta che si è mostrata a suo avviso “quanto mai pagante” perché “è servita a formare una coscienza dell’identità nazionale sufficientemente ampia, a dare vita a una classe dirigente più o meno culturalmente omogenea, nonché a costituire un ethos dell’appartenenza statale e dei suoi obblighi capace di mettere qualche radice”.

La frattura con questa funzione storica della scuola pubblica, avvenuta nei due decenni successivi all’unificazione della scuola media (1962), ha coinciso con l’avvento della scuola di massa, che la classe politica del tempo non ha saputo governare anche per la progressiva crisi di rappresentatività e di ideali forti dei partiti, che hanno finito per lasciare spazio al sindacato, “il solo potere che da lì in poi avrebbe dominato la scuola italiana”. E dunque “nella grande crisi della politica che a partire dagli anni Ottanta ha annunciato e poi accompagnato massicciamente la globalizzazione – con la conseguente ritirata della politica stessa e dello Stato dalla società – l’istruzione è stata la prima trincea ad essere abbandonata”.