Italia. Ma davvero servono tutte quelle ore a scuola?

Anche in Italia ci si interroga sulla qualità della relazione insegnamento/apprendimento, e in generale, da almeno 10 anni, si ritiene che i nostri allievi – soprattutto quelli delle scuole secondarie superiori – abbiano orari troppo pesanti. Anche i cosiddetti “programmi Brocca”, considerati tra i più avanzati, arrivavano a 34 ore settimanali. Troppe, rispetto a quanto si fa nella media degli altri Paesi europei (28-30 ore).
Una convinzione condivisa da molti esperti, e anche da governi orientati in modo opposto (anche nella scorsa legislatura si era parlato di scendere a 30 ore settimanali), ma che non si è mai tradotta in decisioni concrete. Anche i quadri orari predisposti dal MIUR e diffusi negli scorsi mesi non si sono discostati dalla regola, arrivando in genere a 33 ore settimanali malgrado le iniziali prese di posizione in favore di orari più leggeri. Si differenziano solo i licei generalisti (classico, scientifico, linguistico e delle scienze umane), che si fermano a 30 ore, e quelli artistici, che salgono a 35-37.
Di questo si è parlato anche in un seminario sull’autonomia scolastica promosso a Roma dall’associazione “Treellle”(www.associazionetreellle.it), e che ha visto una generale convergenza degli esperti presenti sulla individuazione della pesantezza degli orari come causa primaria dell’assenteismo degli studenti. Ma non è un mistero che sulla difficoltà dei decisori politici ad assumere decisioni in merito hanno spesso pesato anche le pressioni dei sindacati e delle associazioni disciplinari in difesa degli organici e delle diverse discipline.
Problema, del resto, non nuovo. Sul “Corriere della Sera” del 21 aprile 1913 Luigi Einaudi scriveva che “una delle maggiori e più pestifere superstizioni delle scuole italiane è la lunghezza dell’orario”. Non per nulla Einaudi è il celebrato (e inascolato) autore delle “Prediche inutili”…