Invalsi 2019: radiografia di una scuola disuguale
Invalsi 2019/1
“Se vuoi istruirti, nasci al Nord”. Potrebbe essere il titolo di copertina del Rapporto Invalsi sull’esito delle prove nazionali di quest’anno, presentato alla Camera lo scorso 10 luglio 2019. E invece era la conclusione cui era giunto il pedagogista Aldo Visalberghi già nell’aprile 1987 in un articolo pubblicato sul mensile ‘Il Regno di Napoli’ (titolo completo: ‘La scuola senza qualità. Se vuoi istruirti, nasci al Nord’), articolo che quantificava nel 25% il divario tra Nord e Sud per quanto riguarda le competenze (si direbbe oggi) in Italiano e Matematica-Scienze già a conclusione della scuola elementare e della scuola media, in aumento fino al 32-39% a conclusione degli studi secondari superiori.
Da allora la situazione non è cambiata: il divario è un po’ diminuito nella scuola primaria ma si è sostanzialmente confermato alla fine della scuola media e ai due livelli scuola secondaria superiore testati: il grado 10 (secondo anno), per il quale sono disponibili anche i dati dell’indagine Ocse-Pisa, e il grado 13, ultimo anno della secondaria, destinatario quest’anno per la prima volta di prove nazionali (italiano, matematica e inglese), svoltesi nello scorso mese di marzo con altissimi tassi di partecipazione (che significa anche accettazione, se non gradimento, da parte degli studenti, che evidentemente ne comprendono l’importanza, a differenza di alcuni politici).
I dati, presentati dall’Invalsi con un ricco apparato di grafici e tabelle, sono inequivocabili: accanto a qualche lieve miglioramento rispetto all’anno scorso per alcuni gruppi di studenti del Sud si confermano in pieno i dislivelli: in terza media, per esempio, il 35% degli alunni non è in grado di comprendere un testo in italiano, ma in Calabria la percentuale sale al 50%. In inglese la quota di studenti che non arriva al livello prescritto (A2) è del 30% nel Nord Ovest, del 25% nel Nord Est, del 35% nel Centro, del 54% nel Sud e del 61% nel Sud e Isole.
Nelle superiori se gli alunni deboli in italiano sono il 30% in media, in Calabria e Sardegna raggiungono il 45%. In Matematica il quadro peggiora e appare ulteriormente differenziato fra le diverse aree del Paese: la percentuale di alunni che non arriva al livello minimo è del 32% nel Nord Ovest, del 28% nel Nord Est, del 35% nel Centro, del 48% nel Sud e del 56% nel Sud e Isole.
Insomma, una scuola non solo “colabrodo”, come un dossier di Tuttoscuola l’ha definita qualche mese fa per gli alti tassi di dispersione e gli sprechi che la caratterizzano, ma iniqua e penalizzante per il Sud, come Visalberghi denunciava già quarant’anni fa. Il problema era noto. Ci si deve chiedere perché le politiche scolastiche succedutesi in questi decenni con diverse parole d’ordine (partecipazione, qualità, autonomia, competenze) non abbiano saputo affrontarlo.
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