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Insegnamento in lingua inglese di una disciplina non linguistica, nozze coi fichi secchi?

Abbiamo ricevuto un’email di Elena Saccheggiani, che insiste sul tema – aperto da una precedente lettera – dell’attuazione, nel prossimo anno scolastico, di un insegnamento in lingua inglese di una disciplina non linguistica nelle classi quinte dei licei e dei tecnici. Volentieri la pubblichiamo.  

Invitiamo altri lettori interessati a intervenire sull’argomento, o a offrire nuovi spunti di dibattito, a scriverci come di consueto a botta_e_risposta@tuttoscuola.com.

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Gentilissima redazione di Tuttoscuola,

vorrei aggiungere altri elementi alla discussione sull’insegnamento CLIL a cui ha dato inizio la lettera da voi pubblicata.

L’impressione è che ancora una volta il Ministero abbia voluto fare le nozze con i fichi secchi. Per avere personale qualificato e competente bisogna rassegnarsi ad investire, ovvero a spendere dei soldi, ma il Ministero non ne vuole sapere. Questa vicenda mi ricorda tanto quella dell’introduzione dello studio della lingua straniera nelle scuole elementari: insegnanti buttate allo sbaraglio dopo un corso ridicolo di lingua straniera che poteva a malapena rispolverare quello che si era appreso e dimenticato alle superiori.

Nelle superiori si sono voluti escludere dall’insegnamento CLIL gli insegnanti di lingua straniera per non dover pagare delle compresenze. Peccato, perché un lavoro di squadra sarebbe stato molto più utile ed efficace, soprattutto agli inizi, visto che mancano a molti insegnanti le competenze linguistiche necessarie e che sanno poco o niente sui metodi di insegnamento di una L2.

Pongo alcuni quesiti:

1. Si auspica una collaborazione degli insegnanti di L2: i poveretti dovranno accollarsi un bel po’ di lavoro soltanto per la gloria?

2. Penso agli istituti tecnici, dove molti studenti arrancano in L2: aggiungeremo alla difficoltà già propria di una materia quella di essere spiegata in L2 o abbasseremo il livello delle competenze richieste per non avere maree di insufficienze?

3. I professori delle quinte di un Istituto sono lontani anni luce dal livello linguistico richiesto per il CLIL: perderanno il posto a vantaggio di qualche docente più preparato in attesa di riqualificarsi (il Ministero giustamente prevede ci vogliano almeno due anni di studio intenso per passare da un livello di conoscenza della L2  a quello superiore)?

4. Una classe fa per tutto l’anno zootecnia in inglese: mi dite il Ministero dove lo trova un commissario di maturità esterno che interroghi in inglese, visto che ogni anno tribola perfino a trovarne che parlino in italiano? E se mi interroga in italiano? Potrei anche arrabbiarmi, visto che per tutto l’anno ho studiato in inglese, termini tecnici compresi!

5. Ogni anno nelle nostre classi aumenta il numero degli allievi affetti da DSA, i quali faticano enormemente a mantenere il passo nello studio della L2. Non li si può esentare dallo studio della lingua straniera perché  altrimenti il loro diploma si trasformerebbe in un mero attestato di frequenza senza alcun valore. Cosa faremo per aiutare questi allievi? Per loro tutto diventerà ancora più difficile: non è possibile esentarli almeno dal CLIL?

6. So che in alcune scuole la lezione in CLIL , in barba alla normativa,  è tenuta direttamente dall’insegnante di L2: pazienza quando l’insegnante di inglese spiega la Rivoluzione americana, cosa che in un liceo fa normalmente, anche se a grandi linee, durante il corso di letteratura, ma mi dite che senso avrebbe proporre la stessa soluzione per una materia assolutamente estranea alla sua preparazione? Eppure a mali estremi estremi rimedi: se, ad esempio, in un istituto tecnico nessuno degli insegnanti di materie di indirizzo spiccica una parola di inglese, cosa credete che si farà?

 

Sono pienamente convinta che sia necessario aumentare le competenze in lingua straniera dei nostri allievi e credo anche che la metodologia CLIL sia un mezzo potente, ma, vi prego, non così! Non in questo modo raffazzonato, improvvisato e all’”armiamoci e partite”!

Le roboanti dichiarazioni di intenti condite da fumose quanto inconcludenti dissertazioni teoriche sull’argomento (specialità squisitamente italiana!) lasciano il tempo che trovano: il paziente lavoro quotidiano degli insegnanti si trova spesso a dovere affrontare problemi ben più pratici.

Ringraziandovi per l’ospitalità concessami, porgo i più cordiali saluti.

 

Elena Saccheggiani

(insegnante L2 Scuola superiore)

 

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