Inclusione/2. Molte scuole in autonomia ci provano

A Ernesto Galli della Loggia – che ha avuto anche l’onestà intellettuale di ammettere di “aver sbagliato quando ha voluto racchiudere una questione complessa come il principio di inclusione nella scuola italiana in pochissime righe” – il merito di riportare il tema al centro delle riflessioni. Oggi è importante che se ne parli, con la speranza che chi di dovere si attivi velocemente a scegliere e ad avviare un processo di cambiamento necessario.

Dice bene Galli sul profilo del docente di sostegno (“nella maggioranza dei casi non ha alcuna preparazione specifica”), approfondisca anche quello degli educatori professionali e degli specialisti (psicologi, neuropsichiatri infantili, logopedisti, fisioterapisti…). Dice bene ma non propone alternative concrete, pone domande fondate ma non pensa dentro ciò che è concesso nella società di oggi: diritto-dovere all’istruzione per tutti, personalizzazione e successo formativo.

Se ci fosse la volontà di fare un’analisi scientifica e rigorosa dello stato dell’arte si potrebbe pensare a quella giusta via di mezzo in grado di garantire a ciascuno il meglio.

Molte scuole in autonomia ci stanno provando cercando di ridefinire team di lavoro su misura, percorsi integrati con il territorio, personalizzazione del curricolo.

Nel Belpaese, da Caltanissetta fino a Trento, abbiamo più velocità e più pensieri che spesso non si incrociano e non si supportano per un cambiamento significativo: i giornalisti che urlano “al lupo a lupo”, gli accademici che enunciano dall’alto del loro sapere che cosa dovresti fare nel rispetto universale di principi studiati a tavolino e le persone di scuola, quelle che si sporcano le mani tutti i giorni, senza pregiudizi, ma come ricercatori sul campo che con ciò che hanno a disposizione cercano di fare il meglio che possono. Per non buttare “il bambino dell’inclusione” nell’acqua sporca, appunto.

Sono i docenti, i dirigenti scolastici, il terzo settore e le famiglie che da tempo hanno capito che parlare di inclusione significa che c’è qualcuno che sta fuori e qualcuno che sta dentro, e che quel dentro va bene e quel fuori non è degno di una società avanzata e civile.

Da tempo chi lavora a scuola – intendiamo chi lo fa con competenza e passione, non sono certo tutti ma sono tanti – è “oltre”, da tempo è solo ma continua a ricercare le soluzioni migliori per tutti e per ciascuno (“la scuola è per tutti solo se è per ciascuno”… diceva un prete alla fine degli anni Sessanta…).

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