In 16 anni 58,5 miliardi ‘sottratti’ all’istruzione

Da anni nei programmi politici si afferma la centralità della scuola e la priorità della formazione, ma, come si sa, dal dire al fare…
Eppure, se… Con i “se” non si determinano fatti concreti, ma si possono valutare meglio i problemi.
Se l’incidenza di impegno di spesa per l’istruzione del 1990, pari al 10,3% dell’intero impegno finanziario pubblico fosse stata confermata, pari pari, in tutti i successivi esercizi finanziari, oggi la scuola si troverebbe in condizioni ben diverse da quelle poco positive che interessano ogni giorno le cronache sul nostro sistema di istruzione.
Nell’esaminare i dati Istat della spesa pubblica (centrale e territoriale) tra il 1990 e il 2005, Tuttoscuola rilevava la scorsa settimana come, a percentuale del 10,3% confermata anche nel 2005, questo avrebbe comportato una maggior entrata annuale di 4,2 miliardi di euro, spendibili in migliori retribuzioni, investimenti di risorse, strutture e servizi, arredi e dotazioni didattiche.
Se lo stesso calcolo virtuale di maggiori introiti legati alla conferma di quel 10,3% di investimenti per l’istruzione venisse applicato, anno dopo anno, agli esercizi finanziari successivi al 1990, la scuola avrebbe potuto disporre di cospicue entrate aggiuntive da investire in risorse per qualificare il servizio.
Dal 1990 al 2005, se fosse stato confermato ogni anno per l’istruzione quel 10,3% di impegni sulla intera spesa pubblica, il sistema di istruzione avrebbe infatti potuto disporre in questo arco di tempo di ben 58,5 miliardi di euro in più.
Se lo stesso computo venisse riservato al più recente periodo 2000-2005, che coincide con l’introduzione dell’autonomia scolastica, il sistema di istruzione avrebbe avuto a disposizione 22,4 miliardi di euro in più. Dati che impressionano.
Le situazioni di cassa delle istituzioni scolastiche sarebbero state indubbiamente più robuste e lo stesso bilancio del ministero avrebbe avuto meno sofferenze.
Più risorse, più qualità. Tutto virtuale, purtroppo.